La Finanza a casa di Amedeo Piva

Caso Gavioli, il presidente della Banca del Veneziano è indagato per concorso in bancarotta
Di Giorgio Cecchetti

Nonostante le ultime decisioni del Tribunale del riesame di Napoli, che ha scarcerato alcuni indagati e annullato alcune ordinanze di custodia cautelare, e nonostante la Corte di cassazione abbia fissato per il 25 ottobre prossimo l’udienza al termine della quale deciderà se competente a occuparsi di «Enerambiente spa» sia la magistratura napoletana o quella veneziana, la Procura del capoluogo campano prosegue nelle indagini. E, ieri, i magistrati hanno mandato la Guardia di finanza a perquisire uffici e abitazioni del presidente della Banca del Veneziano, Amedeo Piva, 57 anni, originario di Piove di Sacco, e del presidente del collegio sindacale, Daniele Rubin. I finanzieri sono andati a caccia di documenti a Sant’Angelo di Piove e a Mira, per Piva, e a San Stino di Livenza, per Rubin. Il primo è un medico odontoiatra che è anche presidente della Federazione veneta delle banche di credito cooperativo, mentre il secondo è un noto commercialista del Veneto Orientale. Solo Piva, comunque, è indagato per concorso in bancarotta e altri reati fallimentari in qualità di rappresentante legale della banca e per i finanziamenti concessi alla società dell’imprenditore veneziano Stefano Gavioli, Enerambiente, che a Napoli aveva vinto l’appalto per la raccolta e la gestione dei rifiuti urbani.

«Ho fornito la massima collaborazione alle autorità inquirenti», ha dichiarato al termine della perquisizione Piva, «certo che la Banca sia in tutta questa vicenda parte lesa e fiducioso in una pronta e rapida soluzione delle indagini».

Infine, il presidente auspica che gli approfondimenti voluti dagli inquirenti in questi ultimi giorni e che lo hanno coinvolto «possano accelerare il corso delle indagini e confermare rapidamente la piena estraneità ai fatti del Consiglio d’amministrazione dell’istituto di credito». Dello stesso tenore il comunicato della banca, che sostiene di aver assicurato tutta la collaborazione possibile ai giudici, nel cui operato «ha la massima fiducia».

Nella vicenda Gavioli-Enerambiente la Banca del Veneziano si è trovata coinvolta subito: quando ai polsi di Gavioli, della sorella Chiara e dei professionisti a lui legati – gli avvocati Giovanni Faggiano e Giancarlo Tonetto, i commercialisti Paolo Bellamio, Enrico Prandin e Giorgio Zabeo – erano scattate le manette, erano finiti agli arresti domiciliari anche l’ex direttore generale dell’istituto di credito di Mira Alessandro Arzenton, l’ex dirigente Mario Zavagno e la funzionaria Manuela Furlan. Stando alle accuse, i tre avrebbero fatto in modo di far ottenere 15 milioni di finanziamenti tra il 2007 e il 2010 a Gavioli e alla sua società in assenza di qualsiasi garanzia di solvibilità e sulla base di documenti falsi, che dimostravano crediti a favore di «Enerambiente» in realtà inesistenti. Per i tre bancari, però, il Tribunale del riesame napoletano ha annullato le ordinanze, a differenza che per Gavioli e per i professionisti indagati, per i quali ha ritenuto di modificare la misura cautelare (dal carcere agli arresti domiciliari), confermando invece l’esistenza e la gravità degli indizi nei loro confronti.

Il Tribunale di Napoli alcuni mesi fa aveva deciso per il fallimento di Enerambiente e la Procura della città campana ha avviato le indagini per bancarotta, ritenendo che Gavioli e i suoi più stretti collaboratori abbiano sottratto milioni di euro all’impresa per pagare le spese personali dell’imprenditore e per investire in immobili, svuotando le vecchie società e creandone di nuove come in un gioco di scatole cinesi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova