La lapide per un partigiano divide Maserà
Sono trascorsi quasi settant’anni dalla Resistenza eppure gli episodi e i personaggi di quel periodo così drammatico continuano a far discutere. Armando Trentin, presidente dell’Anpi, l’associazione nazionale partigiani di Maserà, si chiede perché il Comune da tre mesi si rifiuti di esporre nella nuova piazza di Bertipaglia una lapide in memoria di un partigiano, Artemio Zambolin. Il sindaco risponde che la lapide in passato si trovata sul muro di un’abitazione privata e quindi che il Comune non c’entra. Artemio Zambolin è stato fucilato dai fascisti con l’accusa di aver ucciso il parroco di Bertipaglia, don Luigi Bovo, nel settembre del 1944. «Il partigiano fu arrestato, torturato e ucciso davanti ai bambini che andavano al catechismo – ricorda Trentin – dopo un giudizio sommario e senza prove. Qualche mese dopo, nel 1945, il Tribunale di Padova condannò alla pena di morte i capo dei fascisti responsabile della fucilazione del partigiano, e gli altri componenti della banda a trent’anni di prigione. Non spetta a noi riscrivere la storia ma i documenti in nostro possesso confermano senza alcun dubbio che il giovane Zambolin è stato ucciso solo per dimostrare che i fascisti erano capaci di trovare un colpevole per la morte del parroco. Non vorremmo che il partigiano fosse considerato dai nostri amministratori un martire di seconda categoria». Secondo il sindaco Nicola De Paoli il Comune non c’entra, perché la lapide non è mai stata posta in un luogo pubblico. «Ancora molti anni fa– spiega – è stata rimossa dal muro della macelleria, un edificio privato. Quindi se l’Anpi la vuole rimettere al suo posto può trovare un accordo con i proprietari. Non vedo l’opportunità di portare la lapide in piazza visto che si tratta di una storia controversa, sulla quale non è mai stata fatta piena luce».
Nicola Stievano
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