La Madonna del Pilastro torna per ricevere i fedeli

Ultimato il restauro dell’affresco posto a pochi metri dall’ingresso della basilica Frutto di grande venerazione, il suo sguardo segue i credenti nel loro percorso
Di Aldo Comello
ZANETTI - PRESENTAZIONE RESTAURO DELLA MADONNA AL SANTO
ZANETTI - PRESENTAZIONE RESTAURO DELLA MADONNA AL SANTO

È stato presentato ieri il restauro della Madonna del Pilastro. Il grande affresco incastonato nell’altare marmoreo con una cornice di legno che ne attesta il trasferimento da altro sito (sembra che all’origine si trovasse sull’altare dell’Arca), è collocato a pochi metri a sinistra dell’accesso principale alla basilica del Santo. Secondo lo storico dell’arte Ragghianti, fu dipinto da Stefano da Ferrara attorno al 1350, lo stile è gotico, l’impronta evoca la scuola del Pisanello, un capolavoro! Ma è impressionante soprattutto il lato devozionale: questa Maria con il Bambino, resa invisibile dal cantiere di restauro, continuava a calamitare gli sguardi dei fedeli alla ricerca dell’immagine, per cui i lavori sono continuati e si sono conclusi malgrado gli affollamenti legati alla Tredicina. La Madonna del Pilastro, detta anche Madonna degli orbi perché sotto il suo altare si raccoglievano i ciechi che poi venivano accompagnati nel giro della Basilica,(esisteva a Padova dalla metà del Trecento una confraternita di ciechi che aveva come patrona la Vergine Immacolata), comunica l’espressione dell’accoglienza per chi arriva e del commiato per chi si allontana: da qualsiasi punto la si guardi i suoi occhi sembrano seguirti in ogni spostamento. Forse questa caratteristica, comune ad alcune icone bizantine, ha innescato una straordinaria, caldissima venerazione.

Padre Antonio Trombetta, frate minore al Santo nel Cinquecento e poi vescovo di Urbino, si fa seppellire in faccia all’altare e realizza iniziative per arricchire il dipinto. Per cui la madonna trecentesca indossa abiti cinquecenteschi: uno scialle trapunto di stelle avvolge la figura di Maria e anche il Bimbo indossa vesti preziose.

La testa di Maria e di Gesù Bambino sono incoronate, gioielli d’argento dorato lanciano barbagli quando la luce li accarezza.

Leopoldo Saracini, presidente dell’Arca con delega alla conservazione del patrimonio artistico della basilica e la restauratrice Maristella Volpin, illustrano le difficoltà del restauro.

L’opera, infatti, è il prodotto di più mani con tecniche diverse e in epoche differenti: cinquecenteschi sono i due Giovanni ai lati di Maria, l’Evangelista e il Battista, il restauro ha rinnovato i colori degli abiti. La lunetta sovrastante con gli angeli che sollevano una corona sulla testa della Vergine non è affrescata ma dipinta ad olio. Saracini fa notare che all’epoca non esisteva la tecnica dello strappo per trasferire l’affresco, ma veniva resecata e spostata anche la parete su cui era impresso il dipinto, tecnica che si ritrova nella Madonna dei Lumini del Carmine e in quella del Torresino. L’intervento complessivo è durato circa 4 mesi.

L’importo totale di spesa di 30 mila euro è stato sostenuto, per quanto riguarda l’altare nelle sue parti marmoree e lignee, dalla Veneranda Arca del Santo, mentre il restauro della parte affrescata è stato finanziato dalla Pia Associazione Macellai Militi dell’Immacolata (presidente Angelo Canton).

Maristella Volpin fa notare l’accurato restauro che ha restituito validità pittorica alle mani e ai piedi del Bimbo (prima dell’intervento a un piede erano restate solo quattro dita), il paziente lavoro di pulitura, la cura dei dettagli per cui si possono intravvedere nella bocca del piccolo tre dentini da latte bianchissimi.

Questa del Pilastro è la terza madonna restaurata al Santo negli ultimi tempi: c’è stato lo stupendo restauro della veneratissima madonna Mora, opera, assieme all’altare, di Rinaldino di Francia e della dolcissima madonna di San Bernardino, sul primo pilastro di destra della basilica.

Le immagini di Maria che si trovano nella basilica antoniana sono estremamente numerose, circa 90. Il culto mariano è quindi strettamente intrecciato a quello di Antonio.

D’altra parte la chiesetta originaria in cui Antonio in vita aveva esercitato il suo apostolato in difesa dei poveri era intitolata a Santa Maria Mater Domini.

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