LA PASSWORD? GLI OCCHI E LE IMPRONTE

di LUCA PIANESI
Impronte digitali, del viso e vocali: sono questi i pin, i pum e le password del futuro. In una parola, biometria. I codici per sbloccare i nuovi strumenti di pagamento passeranno, infatti, dalla scansione dei dati più personali che esistono, quelli del nostro corpo. Addio contante, quindi, benvenuto smartphone. A spiegarlo è Fausto Jori, practice leader banking and payments della Reply spa (società italiana specializzata nella consulenza, progettazione, implementazione e application management di soluzioni basate su internet e social network) che per la sua azienda si occupa specificamente di e-finance. «La chiave di accesso ai pagamenti diventerà il nostro corpo – racconta – perché la biometria condensa in se i concetti di facilità e rapidità di utilizzo (basta avvicinare un pollice o un occhio allo smartphone ndr) e la sicurezza».
Partiamo dalla base. Cosa è la biometria?
«Un sistema di riconoscimento biometrico è quello che utilizza il corpo umano per l’identificazione sicura degli utenti e lo fa sulla base di una o più caratteristiche biologiche e comportamentali. Caratteristiche che sono già state convertite, tramite degli algoritmi, in codici unici e irripetibili e che sbloccano il sistema di accesso al pagamento. Per intenderci, al posto di una password o di un pin è possibile utilizzare l’impronta dell’idride dell’occhio o quella digitale di un dito o, ancora, il profilo di un volto».
Insomma una “firma” personalissima praticamente a prova di furto?
«Non proprio. Sicuramente è un sistema che sul piano della sicurezza è molto più efficace dei normali pin o delle password. Infatti riprodurre un’impronta digitale non è uno scherzo e il profilo di un volto è unico, difficilissimo da “rubare”. Ma al tempo stesso decidere di affidarsi completamente a una di queste chiavi per accedere ai patrimoni finanziari è molto rischioso. In caso di furto, infatti, non ci sarebbe modo di tornare indietro. Se un fantomatico criminale dovesse appropriarsi delle nostre impronte digitali noi non potremmo, come accade oggi, bloccare il pin e chiederne uno nuovo. Ci ruberebbe una parte di noi per sempre. Sarebbe impossibile, a quel punto, cambiare le nostre impronte digitali».
E quindi come se ne esce?
«Se ne esce con la vivezza. Il garante della privacy, infatti, ha inserito la necessità che alla biometria si affianchi il concetto di vivezza. Per intenderci vuol dire che se usiamo l’iride come chiave di accesso al nostro sistema di pagamento la lettura avviene solo se l’occhio è vivo e quindi la pupilla si muove, è lucida, la palpebra si chiude e via di seguito. Per il dito ci deve essere la circolazione sanguigna, il volto si deve muovere ed essere a sua volta irrorato. Insomma, se un ladro provasse a staccare un dito al riccone di turno non avrebbe fatto tombola. Quel dito non gli servirebbe a niente senza essere ben “attaccato” al suo proprietario».
Ma se invece del comune ladro fosse un hacker a bucare il sistema e riuscisse a entrare nel database dove sono conservati i codici che corrispondono alle nostre “impronte”?
«Anche questo è un problema che si è posto il garante della privacy. Ed è stato stabilito che le impronte biometriche non vengano conservate in un archivio centrale. Ogni volta è il singolo device che scannerizza l’impronta e tramite un algoritmo genera il codice che sblocca il pagamento. Al massimo, quindi, il furto potrà avvenire rispetto al device che è stato “sbloccato” nell’immediato. Nessuno potrà accedere a tutti i codici».
Pagamenti online vuol dire addio contante e addio evasione?
«Il contante ha un costo elevatissimo per le banche. La gestione materiale delle banconote e delle monete è un peso che in futuro nessun grande gruppo creditizio e finanziario sarà più disposto a sobbarcarsi. Inoltre non garantisce nessun meccanismo efficace di tracciabilità e quindi sarà combattuto anche dagli Stati. Il futuro saranno i pagamenti da mobile con meccanismi di accesso biometrici. Un futuro già molto presente visto che tutte le grandi case di produzione di device si stanno attrezzando in questo senso. Già dal prossimo anno ne vedremo delle belle».
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