La Pastorale del lavoro: «Non pagare i debiti è un grave peccato»

Tre rintocchi di campane per ricordare i caduti sul lavoro. La cerimonia con il vescovo Antonio Mattiazzo si è svolta nella chiesetta di San Giuseppe alla Zip. Per chi suona la campana? Suona anche per gli imprenditori, per gli artigiani, per i padri di famiglia che il sistema ha spinto al suicidio? Sono oltre trenta le persone che si sono uccise travolte dalla crisi economica, schiacciate dai debiti e da un sistema che ha distrutto la loro dignità. Il Veneto ha il record con dieci vittime e la Diocesi di Padova ha deciso di lanciare una «campagna di ascolto» con psicologi e medici alla Zip per aiutare chi è sprofondato negli abissi della depressione e non vede che il suicidio come soluzione del proprio dramma.
Don Marco Cagol, delegato vescovile per la Pastorale sociale e del lavoro aggiunge: «Sono vent’anni che si celebrano i caduti sul lavoro e si suona la campana. No, non inserirei i suicidi in questa categoria. Chi cade da un’impalcatura o viene stritolato da una putrella che precipita, è vittima della mancanza di sicurezza sul lavoro. Il suicida compie sempre un atto di volontà, per quanto, a volte, indebolito, reso meno lucido dalla disperazione ed è un atto contrario alla fede cristiana perché solo Dio può disporre della vita».
Il vescovo ha detto che quando una persona si suicida non lo fa solo perché manca il sostentamento, ma perché manca la dignità …
«Proprio così, è vero e la frequenza degli eventi tragici, soprattutto nel Veneto, è collegata al concetto che il lavoro è dignità, identità, svolgimento di un ruolo, adempimento ad un dovere nei confronti della famiglia e della società: perderlo porta alla disperazione e assevera la situazione di non libertà causata dal sistema economico. Chi si è tolto la vita per la crisi economica ha compiuto un atto contrario all’insegnamento della Chiesa ma …».
Ma si può parlare di responsabilità attenuata, di una spinta del sistema?
«Occorre valutare la fattispecie, ma direi di sì, direi che si consuma un trasferimento di responsabilità. Quella morte è stata l’esito tragico di una mancata assunzione di responsabilità e di moralità da parte di istituzioni e soggetti variegati. Una cosa giusta che doveva essere fatta, qualcuno non l’ha fatta. Qualcuno ha scelto di non pagare i debiti lasciando morire un’azienda, un imprenditore, segnando con la sofferenza una famiglia. Non dare il giusto salario agli operai, non pagare un’azienda per i lavori che ha eseguito è un’azione ingiusta, è un peccato che grida vendetta. Ma non mi sento di dire che i suicidi sono colpa della politica o della pubblica amministrazione, non mi sento di individuare un soggetto responsabile, la responsabilità è diffusa, è del contesto che è stato messo in piedi in questa fase».
La Chiesa, però, continua a considerare il suicidio un peccato anche in condizioni di sofferenza e precarietà del soggetto che si toglie la vita.
«Certo, questa è la dottrina ed è come nel diritto: c’è una norma generale ed astratta, il suicidio è peccato. Ma ci sono varie fattispecie. Che cosa ha influito sulla volontà del suicida, quanta fede nella Divina Provvidenza era necessaria per resistere a questa tentazione, quanto limpida è stata la decisione? Chi valuta questi elementi se non Dio? Il nostro catechismo impone di pregare per i suicidi, per la salvezza delle loro anime. Non è quindi sbagliato parlare in generale di una responsabilità attenuata. Il messaggio del vescovo si rivolge poi a chi resta, alle famiglie, alla loro sofferenza, alla situazione economica, alla solitudine. Qui c’è molto da fare, c’è un importante esercizio di carità da svolgere».
Anni fa i corpi dei suicidi non venivano nemmeno accolti in terra consacrata. C’è stata un’evoluzione? E’ cambiato atteggiamento della Chiesa?
«C’è una maggiore attenzione per la persona, fino a che punto quella di uccidersi è stata una libera scelta?»
Ma allora andrebbe considerato diversamente anche il suicidio di un malato terminale che, prostrato dalle sofferenze, non più padrone del proprio corpo, ha perso la dignità del vivere. Non crede?
«Qui la posizione della Chiesa in difesa della vita è molto chiara e non ho comunque la competenza per rispondere. Posso dire che occorre impegnarsi per combattere il dolore e la solitudine».
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