La più amata dai francesi è una padovana

di Nicolò Menniti-Ippolito
A. pochi autori italiani capita di avere recensioni molto ampie in tutti i principali giornali francesi, da Le Monde a Le Figaro, da Le Point a L’Express. Ma anche, a pochi autori italiani capita di avere una voce di Wikipedia in francese, inglese, spagnolo ma non in italiano. Questo è il destino di Simonetta Greggio, la più nota scrittrice italiana in Francia, tanto che in un recente libro dedicato al successo degli scrittori italiani d’oltralpe accanto a Casanova, Marinetti, Ungaretti e Palazzeschi c’è, tra i contemporanei, solo lei.
Il suo ultimo libro, uscito in Francia in autunno, “L'homme qui aimait ma femme” ha avuto grande eco nei media, buoni risultati nelle vendite. Col precedente, “L'odeur du figuier”, ha vinto il Prix Messardière 2011: Roman de l'été. Con quello ancora prima, “La dolce vita”, è arrivata seconda per un soffio al premio “Renaudot”, uno dei più prestigiosi in Europa e nel 2010 ha ricevuto il “Prix européen de littérature” che negli anni precedenti era andato a scrittori come Jan McEwan o John Banville. Insomma è una delle romanziere di maggior successo in Francia ed è padovana. Ma non semplicemente per nascita è padovana perché è nata a Rubano, ha studiato al Liceo Linguistico delle suore del Sacro Cuore, ha cominciato l’Università qui, solo che a vent’anni ha deciso di cercare fortuna a Parigi e dopo un po’ l’ha anche trovata. Non capita insomma solo i ricercatori scientifici italiani, succede anche agli scrittori di riuscire più facilmente ad imporsi all’estero che in Italia.
Simonetta Greggio racconta di aver cominciato a scrivere in contemporanea in italiano e francese e di aver mandato i suoi testi ad editori delle due lingue. I francesi le hanno aperto le porte, gli italiani no. E ancora oggi fanno molta fatica. Se i suoi libri in Francia hanno recensioni, critiche, editori di primo piano, le versioni italiane o non ci sono (è il caso degli ultimi due libri) oppure arrivano tardi, un po’ in sordina, come nel caso della “Dolce Vita” che nonostante il grande successo francese è stato pubblicato in Italia da un editore illuminato, ma piccolo, come Angelo Colla.
Il nuovo libro “L’homme qui aimait ma femme” è un grande affresco sull’amore, ma anche sul mondo culturale francese dagli anni sessanta al duemila, ed è curioso che a farsi interprete di questa particolare francesità sia una italiana, che seppure vive da trent’anni a Parigi ha conservato intatti i legami con Padova, dove continuano a vivere i genitori e i fratelli. E proprio la madre ha ispirato una delle figure del nuovo libro, Maria, la donna contesa tra due fratelli nell’arco di quarant’anni. Simonetta Greggio dice che in questa figura c’è un omaggio alla generazione di donne che l’hanno preceduta, donne come sua madre, appunto, per le quali l’amore era davanti a tutto, mentre per i loro uomini c’era tutto e dopo anche l’amore. Ma accanto all’amore a tre, che riscrive un po’ il “Jules e Jim” di Truffaut, c’è la Francia della nouvelle vague, del sessantotto, dei grandi intellettuali, da Derrida a Deleuze, a Lacan ad Althusser, che è poi uno dei motivi per cui Simonetta Greggio è diventata scrittrice francese. Come dice lei, è fuggita a Parigi per sfuggire all’oscurantismo della società italiana, ma anche perché innamorata di una cultura diversa, più vitale. Dunque un libro francese per i francesi. E chissà quanto ci metteranno gli editori italiani a pubblicarlo.
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