La ricerca di altri mondi accompagna la storia dell’uomo, è il bisogno di allargare il nostro spazio e sentirci meno soli

Non c’è forse un momento in cui l’uomo ha guardato il suo cielo contemplandone le stelle, contemplandone le luci senza iniziare a sognare. L’acqua salata su Marte è oggi, i viaggi spettacolari sulla Luna sono già un ieri, sicuramente il desiderio di andare al di là dei confini della conoscenza fanno parte di quel passaggio complesso che ha riorganizzato le capacità intellettive umane.
Un desiderio, il desiderio di conoscere l’universo, attraversare lo spazio finito e infinito è presente in quasi tutte le civiltà e su questo complesso meccanismo ci sono i comportamenti che hanno fatto viaggiare non solo la fantasia, ma il desiderio di andare al di là di ciò che conosciamo e di ciò che sappiamo. Sembra un oggi “2001: Odissea nello spazio”, Star Trek, Guerre Stellari, fino alle giravolte spettacolari degli astronauti sospesi nell’assenza di atmosfera, ma è tutto così vicino da sembrare che lo spazio sia lì fuori dalla porta di casa.
È una necessita o è un’incognita il desiderio di andare oltre al terreno, il conosciuto o tangibile? Sicuramente riguarda diversi aspetti. Il bisogno di avere altri spazi, allargare la possibilità di ospitare l’umanità in un futuro che vede la Terra restringere sempre di più la sua vivibilità, così carica di una sovrappopolazione, che rischia di non avere nemmeno più un’aria per il nostro pianeta. La spinta verso l’ignoto è un'aspirazione di tutte le civiltà, da quelle che hanno classificato i pianeti aagli Egizi all’India dei Maharaja, incrociando Galileo e Keplero, passando per la Nasa. Ma sono solo alcuni grandi punti di riferimento.
Poi ci sono i sogni dell’individuo che guarda il suo cielo. Sogna e immagina altri universi, consentendo così di viaggiare con l’emozione della fantasia di cui Giulio Verne ne fu sicuramente un fautore.
I bambini in particolare, essendo più liberi degli adulti, di ogni stella, di ogni luna, di ogni sole ne fanno incredibili fiabe quasi universali. Il desiderio è sempre quello di appartenere a un unico grande universo, dove ci sono altri pianeti con altri esseri viventi, perché tutto ciò ci rassicura, ci fa sentire meno soli, ci dà il senso di poter controllare la nostra vita.
Così iniziò nel passato e così continua nel presente, perché abbiamo un bisogno spasmodico di spiritualità o di speranze, di appartenenza universale, di riprendere ciascuno in mano le file della propria esistenza. Gli sciamani della Mongolia, quelli che girano ancora nei villaggi del sud dell’India, ma anche amanti e sognatori che seguono pratiche ce vanno dall’astrologia al culto dell’energia mentale, sono in fondo tutti a loro modo e in qualche misura spinti dalla necessità che c'è nell’uomo dai tempi dei tempi, dall’origine della specie.
Nella notte primordiale c’erano le stelle assieme alla fantasia della propria appartenenza di un’intera comunità universale. È importante continuare a pensare alla nostra appartenenza, mondi contigui e paralleli, ufo permettendo, perché questo pensiero è la vera alternativa al superamento di un’idea onnipotente che potrebbe portare l’individuo al suo declino. Il cielo sopra di noi è ancora una parte fondamentale, per tenere vivo il nostro bisogno di cercare di migliorarci, ma soprattutto di non ritenersi Unici in questo spazio che ci è noto e in tutti gli spazi di cui non sappiamo, che sono per quanto lontani vicini a noi nel desiderio della conoscenza.
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