La Uil resta senza soldi colletta per il 1° Maggio

Il segretario ha chiesto un’autotassazione alle categorie per racimolare 1.800 € La risposta della Uilpa: «Si taglino i privilegi come le super buste-paga dei vertici»
Di Sabrina Tomè

Un sindacato senza soldi, inseguito da decreti ingiuntivi, talmente a corto di liquidità da non avere neppure 1.800 euro in cassa per organizzare la sua festa, quella del Primo Maggio. E costretto, di conseguenza, a chiedere alle singole categorie una sorta di autotassazione per riuscire a raccogliere la somma necessaria. È successo alla Uil. Con una lettera del 13 aprile scorso, la Camera sindacale territoriale di Padova e Rovigo chiedeva alle singole categorie di contribuire con una cifra simbolica per sovvenzionare la festa del Lavoro. Una soluzione non gradita da tutti: i soldi, ha risposto il 26 aprile con una lettera aperta Roberto Conerdi responsabile della Uilpa (Pubblica amministrazione), trovateli tagliando i super stipendi dei vertici . A cominciare da quello del segretario regionale Gerardo Colamarco che ogni anno porta a casa 90 mila euro.

Occorre andare indietro nel tempo per capire le cattive acque in cui naviga l’organizzazione di piazza De Gasperi e più precisamente, al giugno dell’anno scorso quando i commissari regionali del sindacato annunciano una voragine da 300 mila euro nelle casse padovane e l’avvio di una serie di misure di risanamento (tagli agli affitti delle sedi, al numero dei dipendenti, alle attrezzature). Il neosegretario della Camera Sindacale Territoriale Enrico De Giuli, nominato in quell’occasione, si trova a fare i conti - letteralmente - con il maxi-buco. E con una carenza di liquidità pesantissima. Talmente grave da mettere in dubbio, persino, la festa simbolo del sindacato, quella del Lavoro. Così, il 13 aprile, Enrico De Giuli firma la lettera in cui annuncia alle categorie che per la festa a Padova servono 600 euro, per quella di Rovigo 1.155 euro, per complessivi 1.800 euro. «Se si vuole che la Uil ci sia occorre che le categorie ci siano», si legge nel documento, «se le oltre 20 categorie che compongono la Cst di Padova e Rovigo fossero disponibili a sovvenzionare il Primo Maggio con la cifra simbolica di 100 euro potremo non far sapere all’esterno il grave momento di disagio che viviamo». Il 26 aprile arriva la risposta di Conerdi, con una lettera aperta indirizzata a De Giuli e al segretario generale Uil del Veneto Gerardo Colamarco. Il referente della Pubblica Amministrazione si dice impressionato dalla «disastrosa e fallimentare situazione economica che caratterizza le nostre strutture confederali territoriali. Ciò detto non posso non ricordare quanto espresso l’anno scorso relativamente ai super compensi attribuiti a vari responsabili sindacali. Fra questi figura anche il nostro segretario regionale Colamarco che dichiarava di percepire un compenso annuo di 90 mila euro». Conerdi sostiene di aver chiesto conferma di tale dato, frutto di una delibera assunta dagli organi statutari competenti e sollecita il taglio degli stipendi: «Un atto di responsabilità vorrebbe che fosse assunto dallo stesso organo una modifica a tale delibera riducendo il compenso suddetto a 45 mila euro che rimarebbe comunque un buonissimo compenso». Il risparmio, conclude Conerdi, potrebbe essere destinato proprio a queste «“piccole” (ma spesso insormontabili) esigenze di partecipazione unitaria alle attività territoriali». Infine: «Mi auguro che in un momento drammatico (economico) come quello che sta investendo le nostre strutture ognuno, compreso Colamarco, si sforzi da fare la propria parte rinunciando a privilegi non più sostenibili». Tra l’altro la Uil di Padova ha dovuto fronteggiare la scorsa settimana anche un decreto ingiuntivo a carico della società che gestisce i Caaf con un rischio pignoramento per 10 mila euro: il pagamento di un terzo della somma ha scongiurato il pericolo. In ogni caso quest’anno, per la prima volta a Padova, la festa del Primo Maggio non c’è stata. A fermare il sindacato, la pioggia.

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