La voce di Ottolenghi oltre la Shoah

Due scritti del rabbino progressista ucciso ad Auschwitz

L’Ateneo Veneto dedica oggi pomeriggio alle 16.30 una giornata di studi ad Adolfo Ottolenghi, rabbino degli anni della persecuzione ebraica, morto ad Auschwitz come molti membri della sua comunità. Come ricorda la moglie in appunti finora inediti, la scelta di Ottolenghi fu quella di rimanere vicino agli altri ebrei fino alla fine, per svolgere il suo servizio, che sentiva tanto più necessario quanto più le cose sembravano volgere al peggio. Così mentre la moglie e il figlio si mettevano in salvo, lui scelse di restare fino all’ultima retata, che lo consegnò alla morte insieme al gruppo di anziani che con lui viveva nella vecchia casa di riposo della Comunità. Ma non è solo sulla scelta finale che si concentra l’incontro cui partecipano Amos Luzzato, Daniele Nissim, Adolfo Locci, Giovanni Levi ed Elia Rocchetti; parlare di Rav Adolfo Ottolenghi significa anche riflettere sulla sua attività trentennale di rabbino a Venezia, concentrandosi in particolare sui suoi studi, pubblicati in questi giorni per la prima volta. Gli Scritti rabbinici, pubblicati dalla casa editrice padovana Esedra, collocano Ottolenghi nella tradizione di grande apertura dell’ebraismo veneziano, sempre in sintonia, a partire dalla fine del settecento, con le aspettative più progressiste di una società avviata verso la trasformazione democratica. In La scuola ebraica di Venezia attraverso la voce del suo Rabbino, edita dalla casa editrice veneziana Filippi, risuona invece la testimonianza diretta della vita di una delle comunità più vive d’Italia. I due libri restituiscono dunque una voce non marginale nella cultura ebraica italiana.

Nicolò Menniti-Ippolito

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