L’agenzia delle Entrate licenzia l’impiegata infedele

È agli atti del processo iniziato ieri davanti al tribunale: in aula Pasqua Rostin È accusata di aver incassato tangenti. L’ente pubblico è parte civile con le vittime
Di Cristina Genesin
FERRO - ROSTIN PASQUA
FERRO - ROSTIN PASQUA

Licenziata senza preavviso. Licenziata perché “infedele”, responsabile di aver svolto un’attività lavorativa incompatibile con lo status di dipendente pubblico avendo leso il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Pasqua Rostin, 61enne residente nel quartiere di Pontevigodarzere in via Brunelleschi, ormai ex impiegata nell’Agenzia delle Entrate di Padova, ora è solo un’imputata chiamata a rispondere di corruzione per induzione perché – grazie al ruolo ricoperto nell’ente che provvede all’accertamento e alla riscossione dei tributi – avrebbe cercato di far lievitare il proprio reddito di 1500 euro al mese, o poco più, con illegittime richieste di danaro. In cambio di favori per chiudere uno (o entrambi) gli occhi. La fine del rapporto di lavoro, avvenuta il 15 settembre scorso, è tra gli atti del processo iniziato ieri davanti al tribunale di Padova (presidente il giudice Nicoletta De Nardus). Pasqua Rostin era in aula, accanto al suo difensore che ha sollevato una raffica di eccezioni. È andata male. I giudici hanno respinto ogni rilievo. Così si sono costituiti sia l’Agenzia delle Entrate, tutelata dall’avvocatura dello Stato, sia le vittime (fratello e sorella), imprenditori residenti a Codiverno di Vigonza con un’azienda metalmeccanica a Loreggia, assistiti dalla penalista Barbara Bisinella. L’udienza è slittata al 2 dicembre, giorno in cui un perito sarà incaricato di trascrivere una conversazione con Rostin registrata (di nascosto) dalle parti offese. Una conversazione che ha incastrato l’impiegata: «Vi posso aggiustare le cose e sistemare tutto» prometteva, reclamando nuove tangenti. In tempi di graffiante crisi, gli imprenditori erano esposti con il Fisco per mezzo milione di euro. Troppo per una piccola azienda che rischiava di mandare a casa i dipendenti. Rostin, che seguiva la pratica in qualità di verificatore e riscossore, era stata drastica: «Se non pagate avrete problemi penali... C'è il pericolo che A.B. (uno dei titolari) sia arrestato... Io posso aggiustare le cose». Fratello e sorella avevano pagato: 16 mila euro in tre tranche nel 2012 ,dietro la promessa di bloccare le cartelle esattoriali. Ma Rostin non s’accontentava: «Preferisci salvare la casa o che ti portino via tuo figlio che ha tre figli piccoli da crescere?» aveva detto alla madre dei due imprenditori, reclamando altro danaro. Le tangenti erano state giustificate da fatture emesse dalla ditta individuale Contro srl, di cui è titolare Dante Guidani, marito dell’imputata.

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