L’antichissima via per San Giorgio lungo il Brenta e al limite del Bosco

Trovati materiali lavorati che risalgono al 2500 avanti Cristo I romani costruiscono l’alternativa alla già intasata Valsugana
BELLUCO-FOTOPIRAN-SAN GIORGIO IN BOSCO-VILLA BEMBO
BELLUCO-FOTOPIRAN-SAN GIORGIO IN BOSCO-VILLA BEMBO

francesco jori

Trovarsi sulla direttrice della Valsugana significa essere al centro della scena: ieri ancor più di oggi, visto che già le remote piste dei traffici commerciali che scendono dal nord, una volta varcato il valico alpino al Brennero, o si incanalano lungo la valle dell’Adige o s’infilano lungo il corso del Brenta, finendo inevitabilmente per passare da queste parti. Non c’è dunque da stupirsi se il territorio di San Giorgio in Bosco presenta tracce di remotissimi insediamenti, testimoniati dal ritrovamento di materiali lavorati in selce che risalgono al periodo compreso tra il 2500 e il 1700 avanti Cristo. E ancor meno c’è da stupirsi se qui piantano robuste basi i romani, quando sistemano dal punto di vista urbanistico l’Alta Padovana attraverso la centuriazione, arrestandosi solo al limite di quel fitto bosco di cui l’odierno paese conserva il ricordo nel nome.

Gli ingegneri e i tecnici dell’antica Roma per dire il vero, non si limitano all’intervento fondiario, ma si dedicano anche a quella che è una delle loro riconosciute specialità d’eccellenza: fare strade. E siccome, tra spostamenti militari e traffici commerciali, la Valsugana è una direttrice particolarmente battuta, decidono di creare un’alternativa: così, a poca distanza e seguendo il corso del Brenta, costruiscono quella che ancora fino a poco tempo fa è stata chiamata “strada del Cogno”. Una sorta di scorciatoia, se vogliamo, che va a sfociare a nord dell’attuale Cittadella nella Postumia, una delle infrastrutture più strategiche dell’epoca, realizzata nel 148 avanti Cristo, per rendere agevoli i collegamenti tra la pianura padana e i territori che si stendono al di là della X Regio Venetia et Histria, come dire l’odierno Nordest.

la scorciatoia cogno

Quando l’impero va in sfacelo e subentrano i cosiddetti barbari, non è che l’orologio della storia si fermi, ma di sicuro rallenta. La vita continua, con fatica, nei tanti piccoli nuclei rurali in cui si suddivide l’attuale territorio comunale: di Cogno, ad esempio, si parla già all’inizio del 900; ma ci sono anche Paviola, Lobia, Persegara; e più tardi sarà la volta di Sant’Anna Morosina, San Nicolò, Villa Ramusa, mentre il toponimo di San Giorgio in Bosco compare solamente nel 1265. Tempi comunque turbolenti, per le lotte tra i Carraresi padovani e gli Scaligeri veronesi, e che si placano soltanto all’inizio del Quattrocento con l’arrivo della Serenissima. Il territorio viene completamente riorganizzato dal punto di vista amministrativo, e i vari villaggi dell’area sono assegnati alla podestaria di Cittadella.

gli affari dei veneziani

Anche qui arrivano ben presto alcune tra le famiglie veneziane più in vista, che grazie all’esproprio dei beni comunali decretato dalla Repubblica entrano in possesso di vaste aree, utilizzandole come serbatoio di produzione agricola e quindi come fonte di reddito, ma al tempo stesso facendovi costruire pregevoli ville: è il caso dei Morosini, dei Bembo, dei Ramusi, dei Marcello, dei Cittadella-Vigodarzere. I primi, in più, esercitano anche a lungo una serie di diritti in loco, grazie a una concessione rilasciata loro da un personaggio controverso, Pandolfo Malatesta, capitano della Repubblica veneziana e signore di Cittadella. Mulini, segherie e pile da riso completano la dotazione produttiva garantita dalla solida base costituita dalla coltivazione dei campi.

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