Lars von Trier non si smentisce scene esplicite ma poca passione

Al di là del battage pubblicitario e dell’attesa morbosa che “Nymphomaniac” ha richiamato in questi mesi, il nuovo film di Lars von Trier a parte il linguaggio esplicito e una certa cura formale e...
Di Michele Gottardi

Al di là del battage pubblicitario e dell’attesa morbosa che “Nymphomaniac” ha richiamato in questi mesi, il nuovo film di Lars von Trier a parte il linguaggio esplicito e una certa cura formale e narrativa, assomiglia più che altro a un trattato lombrosiano, una sorta di manuale clinico-patologico della malattia della protagonista, analizzata senza grandi passioni, ma con dovizia di particolari. Ne consegue che la storia di Joe - la donna trovata da Selingman in un vicolo, che racconta all’anziano signore le proprie vicende sessuali dall’infanzia fino all’età di 50 anni – più che eccitare e sconvolgere, dapprima incuriosisce e alla lunga anche annoia, in attesa del secondo capitolo, in uscita tra due settimane, che si annuncia più crudo. La storia infatti è divisa in due parti: la prima in cinque capitoli, mentre la seconda in tre. Ma la versione che si vede al cinema è senz’altro edulcorata, pur in una certa “predominanza” sessuale, rispetto all’originale, che dalle quattro ore attuali giungeva sino alle cinque e mezza, con molte immagini più esplicite, al limite dell’hard.

Il racconto che Charlotte Gainsbourg snocciola davanti all’attonito Stellan Skarsgård, ha dell’incredibile (“Il mio primo orgasmo lo ebbi a sei anni”). Ma tutta l’operazione risulta in-credibile e al di là del fatto che la protagonista si affidi a un alter ego (Stacy Martin) per autorappresentare le proprie gesta erotiche sullo schermo e che le scene più hard (comprese quelle con Uma Thurman e Willem Dafoe) sono evidentemente degli inserti provenienti da chissà dove. Il problema del cinema di von Trier e se possibile prescindendo – ma non è facile – dal personaggio imbarazzante che è, non è tanto o non solo se sia sessista, misogino o estremo. Il problema è che tutte le sue protagoniste assumono i diversi aspetti della sua propria, morbosa visione del mondo. Sin dalla mistica Emily Björk delle “Onde del destino” e di “Dancer in the Dark” al duo da day-hospital Charlotte Gainsbourg - Kirsten Dunst, Lars von Trier gioca attorno al tema dell’ambiguità e della colpa, del vero falso, dei nuovi dogmi cinematografici con l’intento antico di stupire il borghese piccolo piccolo. Che forse non andrà mai a vedere il suo film, ma almeno lo considera il Diavolo. Stando al primo volume della memorie di una ninfomane, ci sembra più un diavoletto, ma la seconda parte appare più trasgressiva e violenta. Come non aspettare con impazienza quindici giorni?

Durata: 118’ - Voto ** ½

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