Laurea contro i pregiudizi a Padova, Andrea autistico felice

PADOVA. Andrea Terrin è un bel ragazzo di 25 anni che nei giorni scorsi si è laureato all’Università di Padova in Scienze dell’Educazione e della Formazione. Andrea è un ragazzo autistico, parla pochissimo e comunica quasi esclusivamente con la “comunicazione facilitata”: scrive al computer sollecitato da un tutor che lo sfiora sulla spalla dando l’input a reagire. La corona d’alloro sul capo e quel diploma di laurea - per ora quella triennale ma Andrea inizierà presto il corso magistrale - sono ben oltre il coronamento di un sogno. Sono per questo ragazzo il simbolo del riscatto, la pietra tombale su chi, ancora oggi, lo vorrebbe autistico-quindi ritardato.

«Escluso» scrive Andrea, «perché autismo è duramente limitante con tempo di comunicazione lento e difficoltoso. All’università persone possono emergere dall’autistico silenzio del sapere». È stato tutt’altro che facile per Andrea arrivare dove è arrivato, la sua è una battaglia che non conosce riposo. A ogni traguardo raggiunto ne corrisponde uno nuovo, più arduo. E solo per dimostrare che è diverso ma non inferiore. A motivare da sempre la volontà di questo ragazzo c’è la famiglia: il papà Luca, presidente regionale della Federazione italiana Kick boxing e titolare di una palestra a Camponogara nel Veneziano (dove la famiglia vive), la mamma Silvia e la sorella Federica, di due anni più giovane, non hanno mai dubitato dell’intelligenza speciale di Andrea.
Ma la sua storia merita di esser raccontata dall’inizio. «La diagnosi di autismo l’abbiamo avuta quando Andrea aveva 5 anni» racconta Luca Terrin, «la prima reazione è stata di rifiuto. È calato il buio. “Per la vita”: queste parole dei medici ci hanno raggelati, per mesi abbiamo annaspato tra innumerevoli tentativi di trovare una diagnosi diversa. Alla fine lo abbiamo accettato: l’autismo non è una malattia, bensì una condizione che va compresa e accompagnata». E da quel giorno Luca e Silvia e poi Federica, Andrea lo accompagnano. Hanno imparato il suo “linguaggio” e con lui hanno il rapporto che ogni padre, ogni madre e ogni sorella può avere con un figlio o fratello. «Andrea può fare qualsiasi cosa, eccelle in alcune cose e meno in altre, come chiunque altro. È questo il punto» sottolinea Luca, «non è né uno stupido né un genio, è una persona normale, con le sue inclinazioni. Ha solo un modo diverso di esprimersi». Capire e condividere quello è la chiave per scoprire tutte le sue potenzialità.
«A sei anni ha iniziato a usare la comunicazione facilitata» racconta ancora il papà e da quando aveva 5 anni è seguito dalla logopedista Paola Orvieto che è una figura insostituibile per le sue capacità e sensibilità, «ma le maestre non accettavano il suo modo di comunicare, lo consideravano un incapace». La soluzione era di relegarlo in uno stanzino con l’insegnante di sostegno a disegnare. «A casa usando il computer mi “raccontava” tutto quello che aveva visto a scuola: non solo sapeva scrivere» la scoperta dei genitori, «conosceva la matematica, la storia, le scienze». Le cose cambiano alle medie: «Due insegnanti, contro la volontà della preside, hanno frequentato un corso per imparare la comunicazione facilitata. E appena hanno potuto comunicare con Andrea hanno scoperto che quello che veniva descritto come un contenitore vuoto era invece pieno di conoscenze, di nozioni, di pensieri. È in quegli anni che la famiglia decide di lasciare i Servizi dell’Usl: «Lo trattavano come un ritardato: una volta a settimana il medico lo “osservava” e finiva lì» ricorda il papà. Ed è allora che la famiglia entra in contatto con l’associazione Oikia di Padova di cui è presidente la dottoressa Vittoria Cristoferi, che mette a disposizione i tutor - tirocinanti dell’Università - che seguono i ragazzi autistici.
«Per noi era escluso che nel futuro di Andrea ci fosse il centro diurno per disabili» sottolinea Luca, «perché è lì che finiscono gli autistici per il nostro sistema sanitario. Non capiscono che è la frustrazione di essere incompresi ad aggravare le reazioni spesso scomposte e incontrollate di questi ragazzi». Dopo le medie Andrea viene rifiutato da diversi istituti superiori, lo accoglie invece il liceo scientifico “Einstein” di Piove di Sacco: «Un altro angelo nel nostro cammino è stato il preside Simone Meggiolaro e con lui i professori che hanno da subito accettato la diversità di Andrea e hanno imparato a comunicare con lui». Il diploma è arrivato puntuale.
«Devo dire la verità» ammette oggi il papà, «pensavo che la sua carriera scolastica fosse finita, invece Andrea era risoluto e voleva iscriversi all’università. Ha passato il test a Psicologia ma ha poi deciso per Scienze della Formazione. Non voglio far credere a nessuno che sia stato facile, anzi. Io e mia moglie lo abbiamo accompagnato per mesi a lezione dove era seguito dal tutor. Gli esami li faceva con la comunicazione facilitata, riconosciuta dall’ateneo, è stato anche bocciato, un esame in particolare l’ha dovuto rifare tre volte. Ha preso dei 30 e dei 18. Questo per dire che non gli sono stati fatti sconti».
Al di là della carriera scolastica, è la vita di tutti i giorni di Andrea che rispecchia quella di un normale ragazzo pieno di energie, curiosità e interessi: dipinge e i suoi quadri sono già stati esposti in diverse mostre, pratica sport e viaggia. Con il papà ha fatto il cammino di Santiago e quello Portoghese, centinaia di chilometri macinati a piedi, nel suo silenzio carico di pensieri. «Niente crea vergogna» scrive il ragazzo, «sono le persone con i preconcetti che fanno vergognare. Io sono Andrea, ragazzo autistico, ma felice».
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