Lavoro, laureati impreparati sotto accusa finiscono i quiz

Studio su 3.600 universitari per capire perché l’offerta non incontra la domanda Ritenuti carenti gli aspetti relazionali, i giovani non sanno lavorare in gruppo
Di Silvia Quaranta
PD 21 APRILE 2004 G.M. CONFERENZA STAMPA IN UNIVERSITA' SULLE STATISTICHE DI FACOLTA'. L. FABBRIS (VIGATO) conferenza universita_(vigato)
PD 21 APRILE 2004 G.M. CONFERENZA STAMPA IN UNIVERSITA' SULLE STATISTICHE DI FACOLTA'. L. FABBRIS (VIGATO) conferenza universita_(vigato)

I laureati padovani sono preparati, ma a prenderli in contropiede sono le così dette “soft skills”, ovvero le competenze relazionali. Hanno problemi a lavorare in gruppo, adattarsi al contesto, presentare in modo convincente il proprio operato, perfino a parlare e scrivere in un buon italiano. Abilità che non s’imparano sui libri, ma che l’università può favorire: una mossa importante è l’abolizione dei quiz in favore delle risposte aperte, via maestra suggerita anche dall’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario (Anvur). E questa è una delle soluzioni appoggiate anche dal professor Luigi Fabbris, ordinario di Scienze Statistiche che ieri, nell’Aula Magna del Bo, ha esposto un’approfondita indagine svolta tra i laureati dell’ateneo.

L’indagine. L’obiettivo dello studio, che porta le firme di Luigi Fabbris e Manuela Scioni, è quello di individuare le attese sia dei laureati sia dei datori di lavoro, per capire dove non s’incontrano e rimuovere gli ostacoli. Il campione preso in considerazione è ampio: al questionario hanno risposto circa 3.600 neolaureati dell’università di Padova (che hanno ripetuto il test due volte: il giorno della laurea e a un anno di distanza) e 250 imprenditori veneti, tutti operanti nel settore manifatturiero e tutti a capo di aziende da almeno una cinquantina di lavoratori (in modo da considerare imprese che offrono, al proprio interno, uno spettro sufficientemente ampio di posizioni e figure professionali). Sotto i mille euro. Com’è intuibile, il corso di studio determina le attese: i laureati in Ingegneria e scienze “dure” ambiscono a stipendi più alti, mentre nel campo umanistico ci si accontenta di più. Ma, in generale, si accettano anche proposte “indecenti”: fino a 400 euro in meno rispetto al tetto ideale, e con una media che scende di poco sotto i mille euro. Va ricordato che gli interpellati sono 24enni appena usciti dal mondo universitario, ma per un laureato, sottolinea il professor Fabbris, «è un po’ pochino». Anche il sesso dell’intervistato condiziona la risposta: gli uomini puntano più in alto, circa 1.400 euro come primo stipendio. Le donne si accontentano, più o meno, di 1.250. Ci sono, poi, alcuni dettagli che renderebbero accettabile una decurtazione fino a cento euro sullo stipendio: ai primi posti ci sono le prospettive di carriera, l’attinenza del lavoro con il titolo di studio e il contratto a tempo indeterminato.

L’ottimismo conta. La buona notizia, soprattutto per i molti laureati del settore umanistico che quei mille euro li guardano solo con il binocolo, è che ci sono qualità più importanti delle competenze in senso stretto. Da un lato, gli imprenditori sostengono di non avere preclusioni nei confronti di alcune aree del sapere, dall’altro gli studi presi in considerazione dall'analisi mostrano che ad avere più successo sono le persone ottimiste, capaci di rialzarsi dopo le sconfitte e tenaci nel perseguire l'obiettivo.

Abolire i quiz. La cattiva notizia è che, pur tenendo molto in considerazione il curriculum accademico dei giovani, gli imprenditori lo valutano insufficiente. Secondo dati nazionali, la formazione universitaria è adeguata per il 70% dei prof, ma solo per il 43% dei laureati e il 42% dei datori di lavoro. Gli aspetti più critici, come già detto, sono quelli relazionali, sui quali alcuni docenti stanno facendo un po’ di autocritica: «dobbiamo valorizzare le attività di gruppo» insiste Fabbris «e abolire i quiz. Non a caso» conclude «anche l'Anvur ha iniziato a valutare questi aspetti di organizzazione dei corsi, al momento di distribuire le risorse economiche».

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