Le nuove Gallerie ritrovano il Canova

Inaugurate dal ministro dei Beni culturali sette nuove sale all’Accademia. Percorso tra ’700 e ’800, lo scultore protagonista
Di Enrico Tantucci

di Enrico Tantucci

Basterebbe la straordinaria “parete” di vedutisti veneziani del Settecento, a giustificare una visita alle sette nuove sale delle Gallerie dell’Accademia, allestite nell’ala del convento dei Canonici Lateranensi disegnata da Andrea Palladio, inaugurate ieri alla presenza del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Queste vanno ad aggiungersi alle cinque aperte alla visita dal maggio dello scorso anno e che si spingono fino all’Ottocento.

Due straordinari Capricci architettonici di Michele Marieschi, si alternano a quelli di Canaletto (e bottega), a una veduta del rio dei Mendicanti di suo nipote Bernardo Bellotto, a due teleri “incendiari” di Francesco Guardi. Quello del rogo dei depositi degli olii a San Marcuola e quello della superba veduta rossastra dell’Isola dell’Anconeta.

E, accanto, un’altra parete tutta dedicata a Rosalba Carriera, con i suoi ritratti tenui e penetranti, compreso il suo, senza alcuna indulgenza. Ma il percorso di visita si apre e si chiude all’insegna di Antonio Canova, ai cui gessi è riservata la luminosa galleria che si affaccia sul cortile e il celebre Tablino, capolavoro dell’intervento palladiano. Si sana così anche un “vulnus” legato allo spostamento dell’Accademia di Belle Arti da questi spazi che occupava, per fare posto appunto alla nuova ala del museo, secondo l’intuizione dell’allora soprintendente Giovanna Nepi Scirè - a cui ieri è stato dedicato un applauso - la prima a credere nell’idea del nuovo museo e a battersi per esso.

Sono qui riuniti infatti i bozzetti e i gessi che giunsero entro la prima metà dell’Ottocento, in parte per dono diretto dello stesso Canova e in parte per acquisto, specie su impulso di Leopoldo Cicognara, presidente dell’Accademia a partire dal 1808. Opere scelte appunto per diventare oggetto di studio per gli allievi della classe di scultura. Due grandi leoni in gesso per il monumento di papa Rezzonico in san Pietro dominano in modo spettacolare parte del lungo corridoio, dopo una sequenza di bassorilievi.

Il nuovo allestimento prende avvio con una sala dedicata agli artisti che, soggiornando a lungo alle corti europee, determinarono l’apertura internazionale della pittura veneziana del Settecento: i vedutisti appunto come Canaletto e Bellotto, ma anche Sebastiano Ricci e Jacopo Amigoni con le loro invenzioni mitologiche.

In un’altra sala sono stati raccolti i dipinti della seconda metà del Settecento che erano nella prima “dote” patrimoniale dell’Accademia, tra cui una “Prospettiva con portico” di Canaletto accanto a una non meno interessante “Prospettiva” di Giuseppe Moretti.

Le sale successive ripercorrono l’origine delle gallerie a partire dal 1808 la cui storia fino al 1882 restò intrecciata strettamente a quella dell’Accademia, quando avvenne la separazione tra l’istituzione museale e quella accademica con funzioni educative.

E così un grande dipinto mitologico di Francesco Hayez - a cui è dedicata un’intera sala - come “Rinaldo e Armida” ne fronteggia uno di Giovanni De Min e di un altro protagonista dell’epoca, come Vincenzo Giacomelli.

Per ultimo, ancora Canova con una serie di busti e una mastodontica cattedra, quella di Leopoldo Cicognana, opera di Giuseppe Borsato.

Il progetto di allestimento è dell’architetto Tobia Scarpa, che ha già curato la ristrutturazione museale delle nuove Gallerie, di grande pulizia formale.

Unica perplessità - a giudizio di molti che ieri hanno visitato il nuovo allestimento - è il fondo grigio in cui i dipinti sono inscritti, che forse non li valorizza a pieno.

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