Lesione chirurgica, ginecologi a processo

CITTADELLA. Due ginecologici a processo per lesioni colpose davanti al giudice padovano Daniele Marchiori. La paziente - una 34enne di Fontaniva - era stata sottoposta a un intervento in seguito alla diagnosi di un carcinoma alla cervice uterina, salvo riportare una lesione all’uretra non individuata nel corso dell’intervento. È la conclusione del pm Emma Ferrero che aveva coordinato l’inchiesta, sollecitando il processo a carico dei medici. Sul banco degli imputati il dottor Josè Miguel Velasco Carandente, 66 anni, residente a Padova nel quartiere Palestro, e il collega Roberto Rulli, 44, di Rosà, entrambi in servizio a Ginecologia di Cittadella (a difenderli la penalista Barbara Bisinella). È stata la donna a presentare una denuncia, lamentando di aver subito la lesione dell’uretra che, in seguito, avrebbe determinato un restringimento del canale con forti dolori e disabilità temporanea. Nessun dubbio sul fatto che l’intervento sia stato correttamente programmato di fronte a quella diagnosi molto grave. Il 16 ottobre 2009 la donna si sottopone a una visita ginecologica a causa di alcuni disturbi al ciclo. Visita che evidenzia la presenza di una lesione della cervice uterina di aspetto non rassicurante. L’esito della biopsia, il 2 novembre successivo, è chiaro: c’è una neoplasia, un adenocarcinoma squamoso. Il 15 dicembre è fissato l’intervento. Due ore sotto i ferri: i medici effettuano una laparoisterectomia radicale, con asportazione dell’utero e delle tube di Falloppio comprese alcune ghiandole, pur conservando le ovaie. La ripresa è lenta e sofferta. Il pm aveva affidato una consulenza alla dottoressa Silvia Tambuscio, specialista in Medicina legale, che aveva confermato il nesso tra la lesione all’uretra e la procedura chirurgica prescelta, a volte a rischio. Una procedura, comunque, corretta di fronte a quel tipo di patologia tumorale, anzi inevitabile per estirpare il tumore. Tuttavia l’esperta ha rilevato errori di tecnica in capo agli operatori «che hanno comportato una lesione evoluta in stenosi ureterale per apposizione di punto di sutura». Lesione che era stata diagnosticata un mese dopo l’intervento, fonte di insopportabili dolori che, però, non si sono tradotti in conseguenze permanenti ma solo temporanee. Secondo la difesa, invece, si sarebbe trattato di conseguenze dovute al processo di cicatrizzazione: nessuna responsabilità da parte dei sanitari tanto che il naturale percorso dell’uretere sarebbe stato successivamente ripristinato. Si tornerà in aula il 7 maggio: la difesa ha chiesto un rinvio dell’udienza perché sono in corso trattative per un eventuale risarcimento della parte offesa.
Cristina Genesin
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