L’eterno incantesimo della Divina Marchesa che si sentiva strega

di Enrico Tantucci
«Occhi lenti di giaguaro che digerisce al sole la gabbia d’acciaio divorata». È la definizione di lei - che fu anche tra le amazzoni del Futurismo - che Filippo Tommaso Marinetti fece inserire da Carlo Carrà nel ritratto a lei è dedicato. Una definizione che raccoglie insieme il fascino, l’alterità, la voracità di vita e di conoscenza, in una parola il mito della protagonista della straordinaria mostra che si apre oggi a Venezia a Palazzo Fortuny. «La Divina Marchesa», come la definì Gabriele d’Annunzio, di cui fu oltre che un’amante, una fonte di ispirazione e di confronto, accomunati anche dalla passione per l’esoterismo e la negromanzia (si sentiva una strega, oltre che la reincarnazione della contessa di Castiglione) e cioè Luisa Casati Stampa. Una donna di assoluta modernità e appunto mitica, capace di segnare il suo tempo con le sue provocazioni e il suo essere artista per sé e per gli altri, ma anche di andare oltre. Se ancora oggi stilisti come John Galliano per Dior e Karl Lagerfeld per Chanel hanno dedicato a lei recenti collezioni (e magnifici abiti e video sono anche in esposizione). Se attrici come Tilda Swinton o Barbara Berenson hanno provato farla “rivivere” fotograficamente. O se fotografi o artisti contemporanei come T.J. Wilcox, Anne-Karin Furunes o Francesco Vezzoli, si sono ispirate a lei per opere esposte anche nella mostra (aperta fino all’8 marzo) che non poteva che essere a Venezia e a Palazzo Fortuny. Non solo perché qui la marchesa Casati visse sporadicamente per circa un decennio, animando la scena veneziana con feste memorabili - abitando il palazzo che sarà poi di Peggy Guggenheim in Ca’ Venier dei Leoni - e trasgressive passeggiate notturne in Piazza San Marco, nuda e ricoperta solo di un mantello, con l’amato ghepardo al guinzaglio e il servitore nero a farle luce. Ma perché la casa-atelier di Mariano Fortuny - che naturalmente la conobbe e la ritrasse in fotografia e di cui lei vestì i famosi . “Delphos” - è l’habitat ideale per questa mostra e per quella koiné tra arte, vita, costume, moda a cui irresistibilmente si ispira. Una mostra tenacemente voluta, con felice intuizione, dall’architetto Daniela Ferretti, conservatore di Palazzo Fortuny con i curatori Fabio Benzi e Gioia Mori e che raccoglie oltre un centinaio tra dipinti, sculture, abiti e fotografie di grandi artisti del tempo, “sedotti” dalla Divina Marchese, Corè - come la Dea degli Inferi - per D’Annunzio, che lei chiamava Ariel, come lo spiritello della “Tempesta” di Shakespeare, sempre esotericamente parlando. L’ereditiera di una famiglia di ricchi cotonieri milanesi, gli Amman, quindi sposata al marchese Camillo Casati Stampa, ma poi capace di affrancarsi non dal lusso - in cui restò immersa sino alla rovina, negli ultimi tristi anni londinesi - ma da tutte le convenzioni del tempo, ispirando per questo schiere di artisti.
Come Giovanni Boldini, che la dipinge immersa nelle piume di pavone. O Alberto Martini- suo amico per una vita - che la ritrae infinite volte, persino nelle vesti monumentali di Cesare Borgia o di un arciere selvaggio. E poi Balla Boccioni, van Dongen, Romaine Brooks (in un meraviglioso ritratto), Zuloaga, Jacon Epstein, per citarne solo alcuni presenti in mostra, dedicati a una donna che fu anche un’importante collezionista d’arte. Ma chi ne colse l’essenza fu forse il giovane Man Ray da cui volle farsi fotografare a Parigi, con gli occhi profondissimi e inquietanti, cerchiati di nero - come voleva - sfuocati e moltiplicati nello sviluppo della pellicola, per un’immagine che oltre a conquistarla, divenne celebre, facendone un’icona surrealista. Una “performer” ante litteram - le contorsioni con il boa di Marina Abramovic, erano per la Marchesa scene quotidiane di vita domestica - e insieme il prototipo della vamp (pur non essendo bella in senso classico, magra e altissima) e un’icona di stile e di eleganza. Una designer che doveva riallestire ciascuna delle molte case in cui periodicamente abitava, plasmandole a sua somiglianza, antri oscuri pieni di iscrizioni e simboli magici.
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