L’Incredibile tesoro di Hirst in mostra a Venezia

VENEZIA. Una cosa non si può negare: che Damien Hirst sia riuscito nell’intento di creare un sogno, un’illusione faraonica, un mondo parallelo fatto di citazioni, ammiccamenti e ironia.
L’enfant terrible di Bristol è sbarcato a Venezia con la sua nuova mostra, dopo un decennio di silenzio, e ha ottenuto che tutto il mondo ne parlasse.
Hirst, che conoscevamo per gli animali in formaldeide e i teschi coperti di diamanti, ha avuto un’idea geniale e l’ha accarezzata, curata, fatta crescere e realizzata nell’arco di una decina d’anni, accompagnato in tutto questo dal suo “mecenate” François Pinault , che gli ha aperto le porte di Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia: e qui si visita “Treasures from the Wreck of the Unbelievable” (Tesori dal relitto dell’Incredibile), più che una mostra un’enciclopedia dell’arte antica e moderna, un vademecum dell’immaginario collettivo occidentale.
Dai dischi del Sole aztechi alle statue della dea Kalì, dalle teste di Medusa alle statue d’oro di sfingi egizie fino ai robot-giocattolo, a Topolino e Pippo, tutto è coperto di finti coralli e incrostazioni, come appena ripescato dal mare.

Perché alla base della fantasmagorica mostra di Damien Hirst sta la leggenda del naufragio della grande nave “Unbelievable”, la nave incredibile che sarebbe affondata con un carico preziosissimo: la collezione di oggetti d’arte appartenuti al liberto Aulus Calidius Amotan, conosciuto come Cif Amotan II, destinata a un tempio dedicato al Dio Sole in oriente.
Una storia finta attorno a cui Hirst ha costruito un intero mondo fatto di opere vere, realizzate con perizia in questi anni, invecchiate e corrose ad arte, molte delle quali eccezionali per dimensioni e di magnifica fattura, come il gigante di bronzo acefalo alto 18 metri che occupa tutto l’androne di Palazzo Grassi. Parola d’ordine: non cercare motivazioni psicologiche né un pensiero laterale. Godersi l’esposizione e accettarela sfida proposta dall’artista di credere nell’impossibile e di godere di una provocazione esteticamente attraente.
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