Lingua e buoi dei paesi tuoi

“Le parole sono importanti…”, diceva Nanni Moretti, “chi parla male, pensa male…”
Quando qualche italiano scopre che insegno la nostra lingua ai russi, di solito ha sempre la medesima reazione: “Ma sono pazzi?! A cosa gli serve, che lo parliamo solo noi?!”
La stessa –lo ammetto- che ebbi anch’io a suo tempo. Se prima però credevo che quest’affrettato giudizio fosse dovuto alla mancanza di educazione sull’indiscutibile ricchezza dell’italiano, con il tempo mi sono fatto un’altra idea: in Italia non è che non siamo in grado di dare importanza alla nostra lingua, è che manca proprio il sapere valorizzare un idioma in sé. Se infatti siamo maestri nell’attribuire il ruolo che meritano a espressioni culturali quali la cucina, il vino, la moda, la scultura o persino lo sport, quando si parla di “lingua” quasi nessuno si sofferma a pensare per un attimo alla potenza e magnitudine che risiedono dietro questo fondamentale elemento umano.
Le ragioni sono chiare, radicate e molte: la diffusione dei dialetti, una nazione appiccicata con lo scotch, la frattura insanabile tra volgare e latino, l’assenza di un articolo esplicito nella Costituzione che definisca l’Italiano come idioma ufficiale… Se pensiamo inoltre che il nostro Paese è tra gli ultimi in Europa per lo studio dell’inglese, il quadro di basso apprezzamento del concetto “lingua” è completo. Eppure, spesso e volentieri, l’inglese (o meglio detto un tentativo di sua emulazione) è sulla bocca di tutti: “step”, “mission”, “location”, “wine-bar” o mescolanze ancor più fantasiose quali “bypassare”, “postare”, “linkare”… Questa tendenza è una costante anche quando viene imbastita un’operazione anti-crimine che, nonostante nostranissima, è denominata ogni qualvolta in inglese: “Operazione Black Water” per sgominare falsi idraulici, “Operazione Sex and drugs” contro papponi e spacciatori o la nuovissima della settimana, atta a investigare su partite di calcio truccate, la sportivissima “Operazione Dirty Soccer.” Quest’ultima è davvero la più significativa in quanto l’uso di “soccer” rivela appunto la poca considerazione della lingua. Il termine infatti non è nemmeno in originale inglese, visto che nei pub di Sua Maestà si chiacchiera piuttosto di “football”. “Soccer” viene invece dritto-dritto dagli USA, Paese in cui lo spessore per la cultura del calcio è paragonabile a quel che nutriamo noi nel confronti delle freccette. Ora: vogliamo davvero conferire a degli sciagurati criminali di casa un’aria da sofisticatissimi boss d’oltreoceano? No, vero? Ed allora perché non denominare l’investigazione pallonara con un succoso ed eloquente “Operazione Calcio Marcio”?
Se davvero dobbiamo pensarne male, be’, allora parliamone male. Ma almeno che capiscano tutti.
Cristiano Righi è artista e insegnante di italiano a Mosca (www.artistacris.com cris_righi@yahoo.com)
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