L'inventore di Facebook aveva pochi amici
La storia di Mark Zuckerberg, così nasce il social network globale

Sei stato taggato su Facebook. Alberto vuole stringere amicizia con te su Facebook. Anna ha commentato il tuo stato su Facebook. Luca ha scritto sulla tua bacheca di Facebook. Facebook, Facebook e ancora Facebook. Oltre 500 milioni di persone hanno un profilo attivo sul social network più famoso del mondo. Si calcola che i suoi utenti spendano oltre 700 miliardi di minuti al mese per consultare, modificare e leggere ciò che viene postato sulla piattaforma web. In media, ogni utente ha circa 130 amici virtuali. Quanti amici deve aver avuto l'inventore di Facebook per realizzare una rete sociale di tali dimensioni? Paradossalmente pochi, forse nessuno. Mark Zuckerberg (a sinistra) era uno studente di Harvard; un nerd diciannovenne senza ragazza, solitario, poco incline alle relazioni sociali, decisamente più a suo agio con i computer che con la natura umana. Nel 2004, Zuckerberg lanciò la sua idea di piattaforma virtuale tra gli studenti di Harvard, capitalizzando suggerimenti e spunti provenienti da altri colleghi di campus. E' la nascita di Facebook. Da Harvard, il progetto si è esteso a Stanton, alla Columbia University, a Yale, a Boston, sino a diventare un social network globale, il secondo sito, dopo Google, più visitato al mondo, con oltre mezzo miliardo di utenti. Ma non arrivi a 500 milioni di amici senza farti qualche nemico. E' il sottotitolo del film The social network, di David Fincher, la prima pellicola che parla di Facebook al cinema, in uscita venerdì 12 novembre nelle sale italiane. Il film ripercorre la genesi del fenomeno di massa attraverso la vicenda del suo inventore, diventato il più giovane miliardario della storia. Un traguardo che Zuckerberg ha raggiunto dedicando alla sua creatura 24 ore su 24, calpestando amicizie e subendo persino una causa milionaria intentata dai colleghi di college che hanno rivendicato la paternità dell'idea. La verità su Facebook rimane invischiata in una selva inestricabile di accuse reciproche, invidie e avidità, in un film che si concentra sulla solitudine del suo protagonista e sulla sua esigenza di realizzare un surrogato della vita reale sul web. Un ragazzo privo di doti comunicative che ha rivoluzionato il concetto stesso di amicizia e per il quale il regista non nasconde di nutrire una certa empatia, nonostante le derive asociali del personaggio. David Fincher, dopo aver diretto film cult come Seven e Fight club, ricostruisce la vicenda umana di un ragazzo che per realizzare il network della socialità per antonomasia, è rimasto paradossalmente tagliato fuori dalla realtà, preferendo nascondersi dietro uno schermo e una tastiera. Dopo Benjamin Button, un altro curioso caso di vita al contrario. (Marco Contino)
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