L'ITALIA SUL LETTINO / Isis, l’orrore che diventa paura collettiva

PADOVA. Isis non è un fiore, ma l’acronimo inglese di Isil. Isis o Is in arabo Da ish, possiamo dire che è l’acronimo del male, sintesi assoluta del maleficio verso l’umanità che è l’utilizzo del terrorismo come sistema. Il terrore, l’insicurezza, l’impossibilità di stare all’interno delle regole di guerra dove i territori, i nemici, le alleanze, sono dichiarate.
Isis, organizzazione dello Stato Islamico dell’Iraq e della grande Siria o Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, è l’organizzazione che ci fa ritenere Al- Qaida un luogo mentale, presente, temibile ma superato per efferatezza, ma anche per il ripristino di un’idea medievale di califfato, dove il mantenimento della tensione mediatica e la cultura del terrore sono la grande propaganda. Nel luglio 2013 Abu Bakr Al Bagdadi, raggiunge il culmine della sua campagna “abbattere i muri” iniziata nel 2012 con un proclama online. Abbattere i muri è in realtà una simbologia comune a tutte le organizzazioni terroristiche non tanto per l’utilizzo di questa definizione, ma per l’adesione al concetto. Ogni terrorismo si ritiene portatore di verità e di un’elaborazione psicologica che ritiene la morte il male minore rispetto a un’idea narcisistica di salvazione. Il nostro Paese ha un’esperienza ben precisa, lacerata e profonda come è l’abbattimento di un sistema politico per Isis, politico e religioso, un percorso apparentemente diverso ma è simile. L’Occidente è il male, gli Stati Uniti spesso nella loro visione demagogica del diritto e della democrazia diventano ciclicamente insieme all’ Europa e alla religione cristiana la parte nemica da combattere a prescindere dal volere dei popoli che vogliono rappresentare. Il terrorismo affonda le sue radici nelle personalità solitarie che trovano nell’estremismo l’organizzazione delle loro frustrazioni o del bisogno delirante di potere, l’idea di un assoluto per cui si può perdere la vita e che sia per i kamikaze che per gli affiliati, europei o emigrati da tempo in Europa la vita è spesso già stata priva di senso.
Chi vive lontano dalle proprie origini, dalla propria terra, legati come siamo al nostro “ancestrale arcaico” o “archetipo Junghiano” ha a che fare con la nostalgia, la perdita dell’identità, il bisogno spasmodico di ricongiungersi ai luoghi dove si è nati o dove si è pensato di essere appartenuti, si crea un pensiero deviato che si organizza in un’idea mentale delirante e pertanto patologica che fa diventare l’estremismo il ricongiungimento di un’identità che diventa il tutto.
I 3000 europei arruolati a Isis la dicono lunga sul fallimento che abbiamo dell’idea di integrazione perché il legame che abbiamo con le nostre origini è spesso sottile e invisibile. L’ orrore è la chiave di lettura su cui far orientare la paura collettiva, rendere l’individuo debole e far diventare gli Stati ostaggio di quella irrazionalità in realtà ben organizzata e programmata e Isis lo dimostra ogni giorno. Quirico nel suo libro “Il Paese del male”, lo spiega, lo dice, tanti islamisti lo dicono da anni, sulla nostra inpreparazione alla guerra della paura e se tentiamo di ignorarla o negarla potremmo trovarci nella logica del male come un assoluto, non una parte limitata del comportamento sociale come vorremmo. Abbiamo sconfitto il terrorismo in Italia delegittimando ogni possibile idealizzazione, conoscendo, combattendo e creando alternative all’interpretazione sociale del riscatto, base su cui si fonda ogni terrorismo.
Se saremo distratti o superficiali nell’analisi allora sì Al Bagdadi avrà vinto.
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