Lo Storione affrescato rivive in dvd e al museo

PADOVA. Per oltre mezzo secolo nel cuore di Padova, tra il Bo e il Pedrocchi, si ergeva un palazzo primonovecento di nobile aspetto che ospitava l’albergo più prestigioso della città, lo Storione. L’a...
Di Virginia Baradel

PADOVA. Per oltre mezzo secolo nel cuore di Padova, tra il Bo e il Pedrocchi, si ergeva un palazzo primonovecento di nobile aspetto che ospitava l’albergo più prestigioso della città, lo Storione. L’albergo era di un’eleganza ancora ottocentesca, appena scossa da qualche pensilina in ferro, ma la meraviglia e l’orgoglio del palazzo era la sala del ristorante che il celebre artista veneziano Cesare Laurenti, con una squadra di valenti collaboratori, aveva decorato tra il 1904 e il 1905. Voleva farne un capolavoro di arti integrate e coerenti alla maniera del nuovo stile che si era affermato in Europa: l’Art Nouveau. Padova dunque come Parigi, Monaco, Vienna. E così avvenne. L’inaugurazione fu un trionfo e da allora in avanti non ci fu evento di riguardo che non finisse con un pranzo allo Storione. Fino al 1959, anno in cui chiuse i battenti in vista della ristrutturazione che Gio Ponti stava progettando per la sede della Banca Antoniana. Cosa rimase di quegli affreschi che proprio tali non erano bensì tempere su un bombato di gesso e arelle? Ben poco perché lo strappo e una conservazione non idonea, ne decretarono la frantumazione. Quel che rimane sono trenta lacerti della magnifica cupola di melograni che ricopriva di fresca verzura e pomi rosseggianti il soffitto, e tre teste di fanciulle che in numero di undici danzavano a seno scoperto tra gli archi di un grande gazebo dorato passandosi un velo che la direttrice delle danze, seduta in trono, raccoglieva sul lato minore. La nipote di Laurenti, Anna, lasciò ai musei patavini i materiali che riguardavano quel progetto: disegni, bozzetti, stampe che, insieme ai trenta pannelli di gesso con le fronde e i melograni ravvivati nei colori originali, fanno ora mostra di sé nella saletta delle esposizioni temporanee ai Musei Civici. Le tre teste di danzatrici si trovano invece nella sede originaria, all’ingresso dell’Antonveneta di via 8 febbraio. La Fondazione Antonveneta, che conserva le fotografie fatte fare dalla Sovrintendenza prima dello strappo, insieme alla Banca Antoneveneta-Gruppo Montepaschi la cui sede centrale insiste sulle orme dell’albergo, sta recuperando il genius e l’orgoglio di quel luogo sostenendo la mostra in corso al Museo e adottando il filmato che ricostruisce virtualmente il ristorante. La grande sala, arredata in stile liberty, è tornata infatti a rivivere di recente grazie alla ricostruzione in 3D, realizzata per la Mostra Novecento privato, dal gruppo di giovani di Drawlght-DNA cultura, per la regia di Diego Loreggian. Basandosi sui documenti del fondo Laurenti conservati al Museo, essi ne hanno ricostruito il modellino e lavorato come se ci fosse stata una telecamera all’interno del ristorante che girava intorno. Ricompaiono i medaglioni, i vetri, i ferri battuti, il cordone floreale di ceramica invetriata che separava il muro dal giardino delle danzatrici le quali, a loro volta, riprendono il volteggiar leggero e seducente che le rese così famose in passato, preziose come gemme della Belle Epoque sbocciate a Padova.

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