L’ospedale ha pianto il medico-sommozzatore

MONSELICE. Il feretro del dottor Massimo Arboit, dirigente medico dell'Usl 17, è entrato lentamente portato a spalla dagli amici sommozzatori attraverso il grande atrio dell'ospedale Madre Teresa di Calcutta. Centinaia di persone, amici, parenti colleghi di lavoro, tanti con il camice da medico e infermiere, si sono alzati in piedi e hanno salutato silenziosamente, commossi, per l'ultima volta quello che era un maestro, un amico, un compagno di immersioni. I soci del Club Sommozzatori di Monselice di cui era presidente, riconoscibili per la maglia nera con il triangolo blu, hanno preparato all'arrivo della bara l'attrezzatura per l'immersione nell'acqua, in ricordo delle belle giornate trascorse insieme. Le bombole con la loro imbragatura sono state appoggiate al feretro durante il rito funebre. «La profondità che Massimo ricercava negli abissi era la stessa che caratterizzava i suoi rapporti con gli altri» ha detto don Romolo Morello, il parroco di Terrassa Padovana, paese in cui Arboit risiedeva con la sua famiglia «L'amore che lo animava lo rendeva un vero e proprio strumento di Dio, lo ricordiamo per il suo incredibile altruismo. La sua scomparsa ci rammenta la fragilità dell'uomo, ma anche la forza della carità». Proprio di questo tema parlava la lettura iniziale, un estratto dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, in cui si glorifica tra i tre pilastri della vita, insieme alla fede e alla speranza, proprio la carità, un sentimento che «non avrà mai fine». I colleghi di lavoro, intervenuti nel finale, hanno fatto presente come senza Massimo si sentano spaesati. «È dura» commenta una delle infermiere «continuare a sorridere ai pazienti quando ci sentiamo morti dentro. Noi stiamo facendo questo sforzo perché sappiamo che tu avresti voluto così, con la tua luce illuminavi il reparto che avevamo l'onore di dividere con te». L'abbraccio collettivo della grande famiglia ospedaliera si è sentito: l'affetto di chi ha lavorato con lui, palpabile nel radunarsi dietro al feretro con gli occhi lucidi, si è manifestato in parole commosse e in una carezza alla bara. Durante la cerimonia, su un grande schermo sono state proiettate le foto del medico morto all’improvviso venerdì mattina mentre si faceva la doccia prima di partire per il lavoro proprio lì, a pochi passi da quell’atrio ieri così affollato di dolore. Il figlio Pierluigi ha voluto e saputo dare il suo personale commiato al padre scomparso. Poi la bara è stata ripresa in braccio dagli amici del Club Sommozzatori, ancora una volta - l’ultima - compagni di viaggio.
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