Lotta ai tumori, già attivo il "bunker" di radioterapia allo Iov

PADOVA. Forse le buone notizie non «bucano» lo schermo, certo il nuovo bunker di radioterapia dello Iov realizzato in tempi record accanto al presidio ospedaliero di Schiavonia, tra Monselice ed Este, segna un punto a favore della sanità veneta e, ciò che più importa, offre (a venti mesi appena dall’aggiudicazione del bando d’appalto) una chance preziosa ai pazienti affetti da neoplasie.
Di che si tratta? Di un complesso sopraelevato, articolato in quattro unità, che ospita apparecchi diagnostici di tecnologia avanzata, inclusi un tomografo di ultima generazione costato 2, 5 milioni (il Veneto ne conta due in totale, l’altro sarà collocato a Verona), una sala Tac dotata di simulatore e un acceleratore lineare protonico. Il servizio sorge sul lato ovest dei padiglioni, dispone di un accesso indipendente e di un parcheggio riservato ai pazienti. Per le sole prestazioni dell’acceleratore, l’afflusso giornaliero è stimato in una cinquantina di persone che, varcata la soglia, saranno accolte in accettazione, adiacente a cinque ambulatori per le visite oncologiche di varia natura; a seguire, l’ingresso nelle aree sanitarie e diagnostiche. Spazi adeguati anche per i medici (avranno a disposizione tre studi e due sale riunioni) mentre un’ala più riservata accoglierà i malati in condizioni delicate prima e dopo il trattamento, con un’attenzione particolare al rispetto della privacy. Per la costruzione dell’edificio, delegata all’Ulss Euganea che ne ha curato anche la progettazione, la Regione ha stanziato cinque milioni – domattina sarà lo stesso governatore Luca Zaia a tagliare il nastro – e a questo budget vanno aggiunte le risorse destinate all’acquisto delle apparecchiature, coperte dall’Istituto oncologico (che assicura la dotazione di personale) e dal ministero.
Il raggio d’azione del polo radioterapico, è evidente, va ben oltre il bacino locale. La scelta di “esternalizzarlo” è stata assunta nel 2015 dal direttore della sanità regionale Domenico Mantoan (all’epoca commissario all’Iov) alla luce dell’impossibilità di collocare i nuovi e ingombranti macchinari negli spazi già angusti e fatiscenti di via Giustiniani: «La prima opzione fu quella di realizzare il bunker in Azienda ospedaliera ma l’obiettivo si rivelò impraticabile», le parole del manager «i tempi dei malati non coincidono con quelli della burocrazia e noi abbiamo il dovere di favorire la crescita dello Iov, garantendo l’eccellenza nelle cure e della ricerca oncologica. Perciò abbiamo investito a Schiavonia e, con l’ausilio dell’Università, anche a Castelfranco. Padova? Non rinuncia a nulla, al contrario acquista la possibilità di sviluppare potenzialità e competenze altrimenti compresse».
Obiettivi largamente condivisi dalla direttrice dell’Istituto, Patrizia Simionato, impegnata per parte sua a coordinare questa stagione di crescita, sforzandosi di adeguare sul versante logistico (i parcheggi in primis) la vetusta sede a ridosso del centro cittadino.
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