Lucia Annibali e la forza della seconda vita

CartaCarbone ospita a Treviso l’avvocatessa sfregiata e diventata simbolo di coraggio
Di Valentina Calzavara
14 Jan 2015, Milan, Italy --- Guests on the Italian TV show "Le invasioni barbariche" at La7 in Milan, Italy. Pictured: Lucia Annibali --- Image by © Splash News/Splash News/Corbis
14 Jan 2015, Milan, Italy --- Guests on the Italian TV show "Le invasioni barbariche" at La7 in Milan, Italy. Pictured: Lucia Annibali --- Image by © Splash News/Splash News/Corbis

di Valentina Calzavara

«L’acido mi ha ferita. Sono rimasta me stessa e non mi sono fatta travolgere da lui». Quel “lui”, per Lucia Annibali, ha più valenze e assume significati sempre diversi, a seconda del periodo di cui si parla. Rappresenta sicuramente il suo ex fidanzato, il mandante del suo cambio di vita, l’uomo che il 16 aprile del 2013 ha architettato di sfregiarla con una secchiata di acido solforico. “Lui” è la sostanza che, toccandole la pelle, ha sciolto i lineamenti del suo viso. E sempre “lui”, è l’amore cattivo del quale Lucia è rimasta vittima, ma senza soccombere.

L'avvocatessa di Pesaro sarà ospite domenica 18 ottobre di CartaCarbone, il festival dell’autobiografia che la accoglierà al museo Santa Caterina di Treviso, alle 17.30. Presenterà il suo libro, “Io ci sono. La mia storia di “non” amore”, scritto con la giornalista Giusi Fasano, e ne converserà insieme ad Annalisa Bruni e Sergio Frigo.

«Non so esattamente definire l’amore» dice «è troppo complicato, ma sono qui per portare la mia storia. Per condividere quello che ho vissuto e quello che è venuto dopo. Non penso che l’amore si possa trasformare, penso che la natura delle persone non cambi. Ci possono essere dei peggioramenti nel comportamento, sta a ognuno di noi individuarli».

L’amore che non ha nulla a che fa fare con la violenza folle che lo usa come pretesto: «La legge nel nostro Paese offre delle possibilità ma queste vicende sono sempre molto complicate, gli episodi a volte sono imprevedibili, degenerano e purtroppo bisogna fare i conti con le persone. Le dinamiche umane sono complesse e non sempre è facile neutralizzarle» dice Annibali.

Quel che è certo è che la sua parola è stata più forte dell’acido. Lucia ha vinto le ustioni, la lunga degenza in ospedale, gli interventi chirurgici e la paura. Lo ha fatto entrando nelle scuole, nelle carceri, diventando un libro da oltre 700 mila copie vendute. Ha toccato tante città d’Italia, ora porterà la sua testimonianza a Treviso, che visita per la prima volta: «All’inizio ho vissuto la violenza come un dramma privato. C’era un senso di colpa e di vergogna che mi frenava nel parlarne con gli affetti e in famiglia. Dopo l’incidente ho pensato invece che valesse la pena condividere. Ho tante cose positive da raccontare e ho voluto farlo. Ne parlo per questo. È un cammino che sto percorrendo». Una strada già annunciata nel suo libro: “Ho una pelle nuova, una vita nuova, vestiti più belli e tanti posti dove stare quanti sono i miei amici”. Pagine di carta cui si aggiungono continuamente nuove pagine, altre frasi, altri pensieri, non scritti, ma raccontati negli incontri, per aiutare la società a costruire una vera parità di genere. Il rispetto come arma culturale contro la violenza.

«Vedo la costruzione del mio futuro attraverso il presente, giorno per giorno cerco di comunicare il mio vissuto e spero di fare del bene ad altri. Per me è importante sentirmi bene nelle cose che faccio. Mi sono data questa regola». Non è sempre facile, ma la consapevolezza aiuta: «Sono convinta che la mia storia insegna che la volontà è determinante e porta a uscire dalle situazioni più terribili. Per il resto credo che la bellezza non sia oggettiva. Penso di non incarnare la donna perfetta nei lineamenti, quello che gli altri vedono nel mio volto è stato ricostruito con il sacrificio e per me ha molta sostanza perché rappresenta quello che sono, la Lucia che l’acido non è riuscito a distaccare da se stessa. La cosa mi rende orgogliosa». Una riflessione che chiude un capitolo. Si può dire che Lucia ne abbia già cominciato un altro. «Non so dove mi porterà. Preferisco lasciare la cosa in sospeso. Sono positiva e voglio continuare a trasmettere la mia speranza: potercela fare».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova