Lui e Geremia hanno tracciato la strada da percorrere

Barbiero e Geremia. Due grandi, anzi grandissimi.

Perché accomunarli nel giorno del dolore per la scomparsa di Lino, a 24 anni dalla morte di Memo, avvenuta nel gennaio 1995, quando non aveva ancora celebrato il suo 64° compleanno? Perché a modo loro, e in discipline diverse, hanno impresso il sigillo della propria forte personalità imprenditoriale nel tessuto economico e sportivo della nostra città, elevandola più volte sul tetto d'Italia con i trionfi delle rispettive squadre, il Petrarca ed il Plebiscito. Una pioggia di scudetti – 4 di fila con il setterosa l'86enne “guru” delle piscine, ben 10, da allenatore prima e presidente poi, il “maestro” della pallaovale – ne ha contraddistinto le gestioni, in sport che hanno fatto di Padova un punto di riferimento nazionale. Lino Barbiero ha vinto coraggiosamente la sua scommessa, creando un “polo” natatorio, con gli impianti del Plebiscito e del 2000, in grado di sfornare atleti e atlete di altissimo livello.

“Le mie ragazze non le cambio con nessuno, le sento tutte come mie figlie”, ci disse dopo il terzo tricolore consecutivo. Era un papà, non solo il “capo”. Cordiale, saggio, mai una parola fuori posto anche nell'ora delle gioie immense (e delle rivincite prese). Ci mancherà, come ci manca Geremia, ma la via da lui tracciata e percorsa dai figli è un'eredità pesante, e insieme gratificante, di cui Padova ha il dovere di farsi carico.

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