Mantoan, ex numero uno della sanità veneta, finisce a processo: «Ha detto il falso»

Domenico Mantoan era a bordo dell’auto della Regione coinvolta nell’incidente costato la vita al motociclista di 71 anni Cesare Tiveron. Dopo il proscioglimento di Montisci, è accusato insieme a altri due testimoni

Edoardo Fioretto
L’ex segretario generale della Sanità Veneta Domenico Mantoan
L’ex segretario generale della Sanità Veneta Domenico Mantoan

Caso Tiveron, si riapriranno le aule del tribunale per Domenico Mantoan, questa volta in veste di imputato. L’ex numero uno della sanità veneta era a bordo dell’auto della Regione coinvolta nell’incidente costato la vita al motociclista di 71 anni Cesare Tiveron.

È stato rinviato a giudizio per falsa testimonianza insieme ad altre due persone che avrebbero detto il falso al processo di primo grado a carico di Massimo Montisci, il medico legale che imputò la morte del pensionato a una dissecazione aortica.

Anche a distanza di quasi dieci anni dall’incidente, avvenuto il 13 settembre 2016, a quasi quattro dal proscioglimento dello stesso Montisci in Cassazione per prescrizione, la vicenda giudiziaria torna a riaccendere le responsabilità dei protagonisti su una serie di presunti depistaggi.

Nell’inchiesta scaturita da alcune testimonianze fatte in aula dai tre testimoni del processo al medico legale, appare il nome anche del dottor Ferruccio Cervato (difeso da Gianfranco Magnabosco), accusato di avere mentito sulla genesi e i passaggi fondamentali della costituzione della società Morfolase, della quale era cofondatore insieme a Montisci.

Il terzo socio era il professor Santo Davide Ferrara che, nel 2016, era stato nominato come consulente della Regione nell’autopsia su Tiveron.

L’altro nome che compare nell’inchiesta – coordinata dal sostituto procuratore Sergio Dini – è quello del maresciallo Domenico Sartorio (difeso da Ernesto De Toni). L’accusa a suo carico è sempre di falsa testimonianza.

Il motivo? La sua testimonianza in aula, dove avrebbe imputato all’allora pm titolare dell’indagine per l’incidente Vartan Giacomelli (ora giudice in Corte d’appello a Venezia) di avere espressamente chiesto che all’autopsia fossero aggiunti anche i test tossicologici.

Un elemento non da poco. Perché, com’è stato dimostrato a processo nel 2021, il medico legale di turno quel giorno di settembre di nove anni fa era il dottor Giovanni Cecchetto, che però non aveva l’abilitazione per effettuare anche il tossicologico.

È per quell’incompatibilità – che non è mai stato provato essere stata volontaria – che spuntò fuori il nome di Massimo Montisci. Per il pm Giacomelli fu il carabiniere a mettere sulla scrivania le carte già pronte con il nome di Montisci, mentre per il carabiniere della sezione di polizia giudiziaria sarebbe stato il magistrato a indicare nella richiesta gli esami tossicologici e accettare di dare l’incarico a Montisci.

E infine la posizione di Mantoan (difeso da Piero Longo), che andrà a processo per difendersi dall’accusa di avere detto il falso quando – nel 2022 – testimoniò di non avere avuto contatti telefonici con un cronista, e tanto meno di avergli raccontato che Tiveron era morto per un malore. Saranno i tabulati telefonici a chiarire quest’ultima posizione, che probabilmente saranno presentati come elemento di prova.

Un procedimento nato come costola del caso Montisci: i tre andranno quindi a processo – salvo patteggiamenti o rinvii – di fronte al giudice Vittoria Giansanti il prossimo 11 febbraio.

 

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