Map, arriva il fallimento Cgil: «Si poteva evitare»

Il Maglificio Arcolin Padova (Map), una delle aziende tessili storiche della nostra provincia, è stato dichiarato fallito dal tribunale. Giudice competente è Manuela Alburgo, mentre la curatrice...

Il Maglificio Arcolin Padova (Map), una delle aziende tessili storiche della nostra provincia, è stato dichiarato fallito dal tribunale. Giudice competente è Manuela Alburgo, mentre la curatrice fallimentare è Anna Maria Grazian. Oggi è l’ultimo giorno di cassa integrazione straordinaria per le 30 dipendenti che, da domani, saranno in mobilità. Il bello è che le lavoratrici devono ancora ricevere sette mensilità arretrate. Ognuna di loro vanta un credito, più o meno, di diecimila euro.

Ieri pomeriggio, in segno di protesta, le dipendenti più sindacalizzate hanno appeso sui cancelli dell’azienda le divise da lavoro. Nel frattempo, ieri mattina, in una conferenza stampa che si è tenuta nella sede della Cgil, Luca Rainato, segretario della Filctem-Cgil, ha resi noti una serie di particolari inediti sulla fine del Map e sul tentativo di far rinascere dalle ceneri una nuova azienda. La quale, però, sarebbe stata soltanto un’azienda commerciale e non più produttiva, con dodici nuovi dipendenti, di cui sette a tempo determinato. «Proprio nel momento in cui un gruppo spagnolo aveva espresso l’intenzione di acquisire dal fallimento lo storico stabilimento di Albignasego, oggi operativo solo a Due Carrare, il titolare uscente, Alberto Arcolin, attraverso una newco ha creato il nuovo Map Italia srl, con la finalità, nonostante il fallimento, di mettere in piedi una nuova azienda, in grado di commercializzare l’intimo prodotto in Cina ed in Bangladesh. Un tentativo maldestro di continuare a fare profitti a livello familiare, senza fare i conti con le sette mensilità arretrate delle dipendenti. A questo punto, però, la decisione delle lavoratrici è stata univoca e categorica: non hanno concesso, con la firma di ognuna di loro, la liberatoria alla nuova società creata dal datore di lavoro e, quindi, il padrone non può andare avanti con il suo progetto di ripartenza».

«Il doppio gioco che intende portare avanti il nostro ex datore di lavoro lo respingiamo al mittente» osserva un’esponente delle Rsa. «Prima ci dia la garanzia che riceveremo, in tempi brevi, i nostri sette mesi di stipendio arretrato e solo dopo, eventualmente, potremo firmare l’atto giuridico che il signor Arcolin ci chiede». (f.pad.)

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