Matrimoni in caduta libera ma il «sì» rimane un affare

Gli stranieri rilanciano i fiori d’arancio, il nuovo fronte sono le unioni civili
Di Cristiano Cadoni

Tace chi può dire sì. Esulta chi fino all’altro ieri non aveva voce. Ma la vera novità sono quelli che dicono shì o da o tak oppure ja o hai. Dicono sì nelle loro lingue, davanti a pochi amici e parenti scelti, e non chiedono una favola. Si accontentano - e si fa per dire - della scenografia da sogno che la città gli può offrire. E se non è Padova, è una villa sui Colli o un’altra delle tante opzioni che il Veneto può offrire. La grande novità, se si parla di nozze, sono loro, gli sposi migranti: cinesi e russi, soprattutto, ma anche giapponesi, qualche americano, un po’ di inglesi. Sono i pionieri del matrimonio all’estero. Nuovi ricchi, ma anche originali benestanti, che cercano sfondi originali per i fiori d’arancio. E che - massimo sfizio - stuzzicano l’invidia degli amici rimasti a casa, offrendo loro una diretta internet, del grande giorno. Wedding and streaming, il rito antico che si fa multimediale, in una mano l’anello nell’altra lo smartphone. Una decina di casi l’anno scorso, solo in città, ma quest’anno le prenotazioni si stanno moltiplicando in tutta la provincia.

Dunque bisogna rivedere un po’ di luoghi comuni a proposito del matrimonio. Gli italiani si sposano sempre meno, e questo si sa. Chi può avere il matrimonio lo snobba. Le coppie gay, che invece hanno chiesto a lungo di potersi sposare, oggi festeggiano per le unioni civili, pur riconoscendo che la legge approvata pochi giorni fa non è proprio perfetta. È uno scenario in continuo aggiornamento, insomma. Il settore Programmazione, controllo e statistica del Comune l’ha fotografato, a partire dal calo costante dei matrimoni. Dal 1995 quando le unioni erano 1.187 (859 in chiesa, appena 328 in municipio) - quasi tutte fra italiani - si è scesi alle 568 dell’anno scorso, con le unioni civili ormai regolarmente più numerose delle religiose (337 a 231) e con una percentuale di matrimoni che coinvolgono almeno uno straniero anche questa quasi stabile, fra il 25 e il 30 per cento.

I numeri. Il calo delle unioni, di qualsiasi tipo, è costante negli ultimi vent’anni, con due sole eccezioni: tra il 2001 e il 2002 c’è stata una leggerissima ripresa. E nel 2015 si sono “recuperate” una trentina di coppie (dai 534 del 2014 ai 568 dell’anno scorso). I matrimoni che coinvolgono almeno uno straniero l’anno scorso sono stati 160, contro i 159 dell’anno prima. E nel 72 per cento dei casi si tratta di unioni tra uomini e donne con la stessa cittadinanza. Tra il 2010 e il 2014, i matrimoni tra italiani e stranieri sono stati il 58 per cento del totale. Ed è curioso notare come i casi in cui il cittadino italiano è lo sposo sono il doppio rispetto a quelli in cui è la sposa a essere la cittadina italiana. Nei matrimoni fra stranieri, quelli tra persone dello stesso paese sono il triplo rispetto a quelli fra stranieri di cittadinanza diversa.

Misti ma non per tutti. Filippini, cinesi, camerunesi, nigeriani e albanesi si sposano soltanto tra loro (100 per cento dei casi). Le ungheresi sposano solo uomini di altre nazionalità. Anche i tunisini sono molto aperti alle unioni internazionali. Molto diffusi, e non da oggi, sono i matrimoni tra italiani e donne dell’Est (44 per cento dei matrimoni misti): spesso si tratta di seconde nozze (soprattutto se lo sposo è italiano) e in molti casi c’è una notevole differenza d’età.

Dimmi quando. Gli uomini, in media, si sposano intorno ai 38 anni (37,9 per la precisione), le donne a 34,5. Ma se il matrimonio è religioso l’età è nettamente più bassa (34,3 lui, 31,9 lei) mentre se è civile si alza (40,7 lui, 36,7 lei). Dal 2009 al 2014 l’età media si è innalzata di sei mesi, sia per lo sposo che per la sposa. Anche perché è aumentato il numero degli over 50 che si “arrende” al matrimonio (9,5 per cento dei matrimoni). In media lo sposo ha 3,4 anni in più della sposa. E solo in un caso su cinque la donna è più grande. Nei matrimoni misti, il cittadino italiano è sempre più grande dello straniero. Se l’uomo è italiano, la differenza media d’età è di 7,5 anni.

In villa soprattutto. Da quando è caduto l’obbligo di sposarsi in un luogo pubblico, l’offerta di luoghi suggestivi - soprattutto ville - si sta ampliando notevolmente. Anche perché i Comuni si stanno affrettando ad approvare regolamenti che indicano le strutture accreditate, con l’obiettivo dichiarato di far conoscere i patrimoni dell’arte e dell’architettura veneta.

Al Pedrocchi, per esempio. Il Comune di Padova pochi mesi fa ha aperto alle nozze le porte di alcune delle sale più belle della città. Oggi ci si può sposare al Pedrocchi (sala Rossini o sala Rinascimentale), nella sala della Gran Guardia di piazza dei Signori e in sala Cermeli di via Galilei. Certo, bisogna pagare. E se per i padovani il prezzo è stato ritoccato di poco (da 500 a 550 euro per le sale prestigiose), gli stranieri devono rassegnarsi a spendere fino a 1.350 euro, ma anche di più se buffet o ricevimento sono previsti negli stessi spazi. «È un importo adeguato al prestigio della sala», dice il sindaco Bitonci. Ed è un business - un nuovo business - tutto da cavalcare.

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