Matt Damon contro i guardiani del Destino

Tratto da un racconto di Dick, è un thriller complottistico e misterioso
Matt Damon ed Emily Blunt in una scena de «I guardiani del Destino»
Matt Damon ed Emily Blunt in una scena de «I guardiani del Destino»
 
VENEZIA.
Puntuale come ogni anno, dopo il festival di Cannes, arriva nelle sale cinematografiche italiane l'onda lunga dei «pop corn movies»: di qui a settembre sarà un trionfo di film di fantascienza, produzioni a tinte forti dalle spiccate tendenze horror e paranormali, saghe di supereroi cartoon, fino agli attesissimi capitoli finali di «Harry Potter» e dei «Transformers». Si comincia questa settimana, ancora con qualche rigurgito autoriale, con «I guardiani del Destino».  Un thriller complottistico e misterioso, diretto da George Nolfi, già sceneggiatore di film di successo come «Ocean's Twelve» e «The Bourne Ultimatum». Il film è tratto da un racconto di Philip K. Dick, scritto nel 1953 e conosciuto in Italia con il titolo di «Squadra riparazioni» (Fanucci editore). Uno dei tanti testi dell'autore americano che hanno ispirato la recente produzione cinematografica di fantascienza, dal cult «Blade runner» a «Minority report», da «Atto di forza» a «Next».  Ma sono tantissimi i film che, anche se non ufficialmente, hanno pescato a piene mani dall'immaginario dickiano e dalle sue riflessioni sulla realtà e sulla simulazione, sull'impatto dei mass media nella vita quotidiana e sulla meditazione teologica, attraverso uno sfruttamento intensivo e sistematico di temi, ieri all'avanguardia e oggi di incredibile attualità.  L'universo di Dick è fatto, prima ancora che di trame e di personaggi, di atmosfere e di immaginari, quasi impossibili da replicare sullo schermo. Anche per questo motivo, la vicenda surreale di Eddie Fletcher, agente immobiliare la cui esistenza viene sconvolta dalla scoperta che la realtà è solo un meccanismo continuamente modificato e riplasmato da alcuni «guardiani», potenti e misteriosi, che vivono fuori del pianeta, subisce alcune significative variazioni nella sua trasposizione per il cinema.  Qui, non solo l'immobiliarista diventa un brillante avvocato in corsa per un seggio al Senato, interpretato da Matt Damon, ma viene introdotta la storia d'amore con una sinuosa ballerina (Emily Blunt): l'intesa, naturale e irresistibile tra i due, verrà ostacolata dagli agenti del Destino, in nome di un bene supremo, per conformare i gesti e le azioni degli uomini alla volontà del fato (che sia divino o soltanto meccanico).  Rimangono, nelle pieghe di una storia intrisa di elementi filosofici, gli interrogativi sul libero arbitrio, sul rapporto tra ciò che si vede e ciò che non si vede o non si dovrebbe vedere, e sulla manipolazione della realtà fenomenica che, nelle pagine del racconto, assumono toni quasi rassegnati. Mentre nel film alimentano la componente più spettacolare del conflitto individuo/apparato di potere, puntando decisamente sulla storia d'amore e sulla suspance delle trame ordite dagli agenti del Destino, il cui monito riecheggia minaccioso: «Non puoi scappare dal destino... hai sbirciato dietro una tenda di cui non dovevi neanche accorgerti!».

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