Mattia Signorini, “Ora” è tempo di crescere

PADOVA. È da oggi in libreria “Ora”, il nuovo romanzo di Mattia Signorini, scrittore veneto poco più che trentenne, ma già con libri di successo dietro le spalle. Prima di questo è venuto “La...
Di Nicolò Menniti Ippolito

PADOVA. È da oggi in libreria “Ora”, il nuovo romanzo di Mattia Signorini, scrittore veneto poco più che trentenne, ma già con libri di successo dietro le spalle. Prima di questo è venuto “La sinfonia del tempo breve”, premiato e tradotto in molti paesi. «È stata un’emozione fortissima» dice Signorini «vedere un mio romanzo tradotto in lingua ebraica, di cui non conosco l’alfabeto, o ricevere una lettera entusiasta di Muriel Barbery, l’autrice dell’ “Eleganza del riccio”, o aprire il computer e trovarmi la mail di una lettrice sudamericana che aveva portato il libro con sé durante un viaggio nella foresta Amazzonica, e lo aveva letto in mezzo agli alberi».

Con “Ora” (Marsilio, pp 221, 17 euro) Mattia Signorini ha avuto la forza di cambiare. Se “Sinfonia del tempo breve” provava a raccontare, con un che di favolistico, un intero secolo, il Novecento, il nuovo libro sembra ricollegarsi a “Lontano da ogni cosa”, in cui raccontava storie di studenti poco più che ventenni in una Padova molto realistica.

«“Lontano da ogni cosa” l’ho scritto di getto» racconta «senza pormi particolari domande. Da allora sono passati sei anni, è cambiato il mio sguardo sul mondo. Quello che spingeva la mia necessità di scrivere, allora, aveva che fare con il rifiuto di un certo tipo di realtà legata all’accettare la vita senza porsi domande. In “Ora” c’è uno sguardo opposto: rifiutare a priori, senza la necessità di costruire qualcosa di nuovo, e allo stesso tempo salvare quello che funziona, ci rende incompleti».

Il protagonista di questo libro ha anche sei anni in più di quelli di “Lontano da ogni cosa”, come se Signorini volesse attraversare le fasi di una vita. «Ho voluto raccontare la necessità di un confronto tra le generazioni. “Ora”, non è altro che la storia dell’amicizia tra un ragazzo che non ha più la forza di guardare avanti e una signora anziana che non riesce a fare altro che guardare il suo passato».

Nel libro Signorini racconta un ritorno nei luoghi di origine per vendere la casa di famiglia, ma da questo ritorno nascono una revisione della memoria e un nuovo rapporto col padre ormai morto. «E’ un libro sulle parole non dette, sulle piccole incomprensioni che nel silenzio crescono e diventano muraglie insormontabili. È il romanzo più sincero ed emotivo che ho scritto, ho voluto mettere a nudo le fragilità che ognuno di noi si porta dentro».

C’è poi un altro protagonista, il Po, «il luogo in cui andavo da ragazzo. Libertà e confine insieme. Vengo da una terra di confine, e quel confine è il fiume. Me lo sono sempre portato dentro, anche quando vivevo a Padova e a Milano». Ma in questo libro la libertà diventa anche responsabilità. «Essere responsabili» dice Signorini «è la più grande trasgressione dell’oggi in cui viviamo, che spesso ci spinge a credere alla religione dei furbi. Questi sono visti spesso come vincenti. Io penso che invece siano quelli che perdono, ogni giorno, pezzi importanti di se stessi».

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