Maurizio Corbetta «Leggi matematiche regolano la testa»

Interventi all’avanguardia per curare Epilessia e Parkinson Primi in Veneto per la neurologia di emergenza per l’ictus
LIVIERI - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - MAURIZIO CORBETTA
LIVIERI - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - MAURIZIO CORBETTA

Era un cervello in fuga. È uno dei cento scienziati più conosciuti e citati al mondo, una beautiful mind che l’Università di Padova è riuscita a riportare a “casa” dagli Stati Uniti dove ha lavorato per trent’anni. Il professor Maurizio Corbetta è il direttore della Clinica Neurologica dell’Azienda ospedaliera-Università di Padova.

Professore le manca quello che faceva negli Stati Uniti?

«Sono molto contento di essere tornato e di fare qualcosa nel mio Paese. L’università sta sostenendo importantissimi progetti, c’è un grande slancio verso l’innovazione: nel rettore Rosario Rizzuto ho trovato davvero grande entusiasmo, una spinta importante verso la modernizzazione dell’ateneo. Il progetto del Dipartimento di Neuroscienze del Bo è risultato tra i primi in Italia nella classifica del Miur fra i dipartimenti di eccellenza».

Ci sono molte differenze tra il lavoro negli Usa e qui?

«La cosa più bella che ho ritrovato qui è la medicina che mette al centro il paziente, sempre. Negli States prima viene il business e molte bisogna farle per giustificare il conto alle assicurazioni private. La sanità non può essere basata esclusivamente sul profitto. Nonostante in Italia spendiamo meno che negli Usa, l’aspettativa di vita è più alta e la salute è migliore. Sono rimasto molto impressionato, in positivo, dalla sanità veneta. Degli Usa rimpiango la burocrazia più leggera e sicuramente dei salari più competitivi».

Qui riesce comunque a fare ricerca ad altissimo livello.

«Questo lo vedremo nei prossimi anni. Al momento mi sto concentrando con i colleghi nel costruire infrastrutture di ricerca di base e clinica che ci permetteranno di lavorare bene nel futuro, spero prossimo. Inoltre ci vorrebbe più tempo per la ricerca. Come universitari spesso ci dobbiamo dividere tra attività cliniche, insegnamento, ricerca e amministrazione. Il sistema dovrebbe valorizzare di più il tempo da dedicare esclusivamente alla ricerca».

Quali progetti sta seguendo?

«Ci stiamo muovendo su due piani. Da una parte il rafforzamento del nuovo Centro di Ateneo di Neuroscienze per la ricerca di base, dall’altra sul fronte della ricerca in Azienda che punta all’innovazione delle Neuroscienze, quindi nello sviluppo di nuovi trattamenti come la neurochirurgia funzionale, neurologia di emergenza per l’ictus, medicina di precisione, terapie innovative per malattie come sclerosi multipla e malattie rare neuromuscolari» .

Di cosa si occupa il nuovo Centro di Neuroscienze?

«Mette insieme sette Dipartimenti: Neuroscienze, Fisica, Matematica, Ingegneria dell’Informazione, Psicologia Generale e Psicologia dello Sviluppo, e Scienze Biomediche. L’obiettivo è creare delle infrastrutture di ricerca per visualizzare l’attività cerebrale a varie scale spaziali (da una cellula all’intero cervello) e temporali (dai millisecondi agli anni), sia in persone sane che in pazienti affetti da patologie neurologiche e psichiatriche. Vorremo capire come l’attività cerebrale determina il comportamento normale, e come alterazioni di comunicazione fra aree cerebrali sono affette in varie patologie. Il cervello è un sistema complesso, in cui le connessioni seguono precise regole fisiche e matematiche, esattamente come quelle con cui si organizzano altri sistemi complessi, come internet o facebook. Si tratta di collegare queste leggi matematiche e fisiche alla biologia. Queste connessioni pensiamo siano alterate in patologie come Alzheimer, ictus e malattie psichiatriche. Se capiremo queste alterazioni potremo intervenire più efficacemente» .

In ospedale invece quali progetti state seguendo?

«In collaborazione con il direttore generale Luciano Flor e il professor Domenico d’Avella e il professor Giorgio Perilongo, direttore della Pediatria, ci siamo impegnati in un programma di Neurochirurgia funzionale in cui stiamo sviluppando due progetti, uno sulla chirurgia dell’epilessia e uno sul trattamento chirurgico del Parkinson. Nel primo caso, fallito il trattamento con i farmaci, andiamo a identificare grazie al monitoraggio con elettrodi sul cervello le aree da cui vengono le crisi epilettiche per poi renderle inattive. Nel Parkinson gli elettrodi vengono applicati in profondità nel cervello per stimolare regioni profonde, spegnendo l’attività anomala che causa i sintomi della malattia: è un progetto supportato dal Dipartimento di Neuroscienze diretto dal professor Alessandro Martini e su cui abbiamo investito 4 posizioni universitarie».

La Clinica Neurologica di Padova vanta molti primati.

«Siamo stati forse i primi in Italia a usare il farmaco Radicut che rallenta il decorso della Sclerosi Laterale Amiotrofica: nel nostro centro di riferimento regionale seguiamo circa 100-150 pazienti l’anno, di cui 50-60 nuovi casi. Siamo l’unico centro in Veneto con la Pediatria abilitato alla somministrazione del nuovo farmaco Spinraza per l’atrofia muscolare spinale, malattia che colpisce bambini e adulti causando gravi disabilità. Ai pazienti con sclerosi multipla offriamo cure individualizzate e siamo il primo centro regionale per trattamenti endovascolari in casi di ictus grazie alla collaborazione fra la nostra Stroke Unit e la Neuroradiologia » .

Nelle sue ricerche la medicina si associa ad altre discipline.

«Come parte del progetto Miur sui Dipartimenti di Eccellenza ci siamo concentrati su due problemi in medicina. Il primo è che ogni paziente che vediamo è come se lo vedessimo la prima volta: tutte le informazioni cliniche, laboratoristiche, e radiologiche degli ultimi cento pazienti visti sono in una cartella clinica poco accessibile. Manca una “memoria di sistema”, in grado di salvare le informazioni rilevanti, ma anche di presentarcele in un modo facilmente fruibile. Abbiamo progettato un database accoppiato ad algoritmi matematici simili a quelli usati da Google per una diagnosi e prognosi più precisa. Vedremo se sarà utile nei prossimi cinque anni.

Il secondo problema è che molte patologie fluttuano nel tempo ma abbiamo pochissimi strumenti per seguire queste variazioni temporali. Quasi sempre decisioni importanti come cambiare la dose di un farmaco sono fatte quasi alla cieca sulla base di una visita di controllo che dura solo pochi minuti e informazioni indirette. L’idea è di monitorare a distanza il comportamento e i parametri fisiologici o biochimici rilevanti con smartphone o smartwatch. Per il Parkinson, ad esempio, forse basterebbero due sensori nelle scarpe che registrino la velocità dei passi per avere un’idea molto più accurate dell’effetto dei farmaci».

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