Maxi frode, fatture false per 200 milioni

Colosso della vendita di bibite nei guai, denunciati padre e figlio titolari della Nordigross. In manette una donna
Di Enrico Ferro
FERRO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CONFERENZA STAMPA GDF. DA DX: LETTERA, PUZZU, DI POL
FERRO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CONFERENZA STAMPA GDF. DA DX: LETTERA, PUZZU, DI POL

PADOVA. In pochi anni erano riusciti ad ammazzare il mercato sbaragliando la concorrenza. La Nordigross Srl di Torri di Quartesolo, azienda specializzata nella vendita di bevande per la grande distribuzione, era diventata un colosso. Ma non c’è un miracolo economico dietro a questa crescita esponenziale. C’è solo un sistema consolidato e sistematico di frode dell’Iva attraverso una girandola di aziende fantasma. In un contesto come questo anche una donna come Marisa Rigon, 66 anni, di Camisano Vicentino, può diventare un punto di riferimento. Di certo lo era per Virgilio e Michele Paganin (padre e figlio), titolari della Nordingross. La donna, ribattezzata “lady fatture false”, è stata arrestata. Padre e figlio, invece, sono stati denunciati a piede libero. Gli uomini della Guardia di finanza del colonnello Gavino Putzu, dopo 120 perquisizioni in tutta Italia, hanno sequestrato beni per 8 milioni di euro.

Si parla di un giro di fatture false che sfiora i 200 milioni di euro, che si traducono in una frode all’Iva pari a 44 milioni.

Gli indagati sono in tutto 64, tra imprenditori e prestanome (tutti veneti tra Vicenza, Padova, Treviso e Rovigo), indagati per associazione per delinquere finalizzata utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, occultamento e distruzione di documenti e scritture contabili omessa presentazione della dichiarazione.

Per la prima volta è entrato in gioco l’Ufficio antifrode dell’Agenzia delle Entrate, nato lo scorso mese di febbraio proprio con l’intento di smascherare chi “droga” il mercato con simili stratagemmi.

Il meccanismo consisteva nell’acquistare le bevande in Slovacchia e Cecoslovacchia senza pagare l’Iva. Attraverso un meccanismo di compensazione, poi, riuscivano a incassare i soldi dallo Stato. Denaro che veniva suddiviso tra i “soci” oppure utilizzato per immettere i prodotti sul mercato a prezzi imbattibili.

A riprova del fatto che l’ideatrice di tutte le attività illecite fosse Marisa Rigon ci sono le intercettazioni telefoniche. In una telefonata registrata il 5 maggio 2015 Edoardo Manzolli, che secondo gli investigatori gestisce le cartiere per far perdere le tracce dell’Iva, litiga con la Rigon che non lo paga: «Cioè ragazzi, vi siete fatti dodici metri cubi di fatture a nome mio, e siamo stati tutti buoni e tutti zitti, hai capito?».

«Sistemi come questo non solo frodano lo Stato ma inquinano il mercato ostacolando la libera concorrenza e gettando sul lastrico le imprese che lavorano onestamente» sostiene Enrico Di Pol, dirigente dell’Ufficio Antifrode dell’agenzia delle Entrate.

L’inchiesta sviluppata dai militari del Gruppo della Guardia di finanza, diretti dal tenente colonnello Luca Lettere, è nata come costola dell’operazione “Oltre confine” del 3 marzo scorso nel settore del commercio all’ingrosso di pellame: indagine che ha portato alla luce il malaffare tra le province di Padova e Vicenza.

«Continueremo nella lotta ai cosiddetti “criminali fiscali” che sottraggono risorse importanti per la ripresa» ha evidenziato il colonnello Putzu.

e.ferro@mattinopadova.it

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