Maxi frode fiscale, al vertice un padovano

Massimo Carraro è accusato di associazione a delinquere transnazionale e riciclaggio: con lui altri 132 indagati
Un’organizzazione criminale molto articolata (e bollata come la fabbrica delle frodi) che permetteva a numerosi imprenditori di non pagare le tasse grazie a soluzioni “cucite” su misura. Con il risultato di aver provocato un buco di circa 40 milioni di euro nelle casse dello Stato. A oltre due anni dal blitz della Guardia di Finanza di Venezia che aveva portato all’arresto di 17 persone e al sequestro di beni per un valore di 35 milioni di euro, il pubblico ministero padovano Emma Ferrero ha chiuso l’inchiesta, atto preliminare alla richiesta di un processo.


Non scontato per tutti i 133 indagati che avranno a disposizione una ventina di giorni per presentare memorie e chiedere di essere interrogati: ben 68 sono i faldoni che racchiudono prove e verbali raccolti dagli investigatori, una mole di materiale non gestibile facilmente dalle difese. Secondo la procura al vertice di quella “fabbrica” dell’illecito con uffici a Padova in via Savelli 120 - che av rebbe prodotto false fatture per operazioni inesistenti per un valore di 150 milioni, cioè falsi movimenti di merce indispensabile strumento per garantire l’evasione fiscale alle imprese-clienti attraverso l’utilizzo di società operative e non solo fittizie - c’erano Salvatore Antonio Lazzarin, 66enne di Dolo nel Veneziano, e Massimo Carraro, 55enne di Padova. Sono considerati i promotori e organizzatori dell’associazione che gestiva le attività messe in piedi per dribblare il fisco attraverso una rete di ditte con sedi sia in Italia che all’estero, alla guida delle quali erano stati nominati soci o amministratori di comodo, in pratica teste di legno in base al “copione” indicato da alcuni commercialisti pure finiti nei guai. Sono stati accesi decine e decine di conti correnti in Slovacchia intestati ad altri indagati con il ruolo di prestanome. Tutto, però, è sempre rimasto saldamente nelle mani di Carraro e Lazzarin: dall’organizzazione logistica delle società-cartiere all’ideazione e alla redazione della documentazione contabile a supporto delle operazioni inesistenti e, da ultimo, alla ripartizione di gran parte degli utili. Fatto salvo l’aiuto di alcuni fidati collaboratori come la padovana Laura Borgatello di Sant’Angelo di Piove, incaricata di occuparsi di questioni finanziarie e dei rapporti con gli istituti di credito, dell’esecuzione di bonifici all’estero e del prelievo di contante da conti oltre confine, in alcune banche di Bratislava in Slovacchia in occasione di vari viaggi nel paese dell’est effettuati settimanalmente in auto. Non a caso a Borgatello è contestato il trasferimento in Italia di oltre 7 milioni e 424 mila euro. Milioni poi consegnati a Carraro e Lazzarin, frutto dell’evasione fiscale prodotta dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti e dalle dichiarazioni fraudolente dei redditi. Tra i collaboratori dei due anche Elisa Peron di Noventa Padovana e Corrado Morello di Padova, sospettati di aver predisposto la documentazione contabile.


I reati contestati a vario titolo sono l’associazione a delinquere transnazionale, il riciclaggio e l’autoriciclaggio, la dichiarazione fraudolenta dei redditi e la corruzione. L’indagine, infatti, decolla alla fine del 2014 quando la Guardia di finanza di Venezia scopre che il brigadiere Carmine Iennaco in servizio nella Compagnia di Mirano (uno dei 133 indagati) aveva incassato in due tranches 6 mila euro (e altri 4 mila gli erano stati promessi) dall’imprenditore veneziano titolare della Reform Plast srl in accordo con Carraro e Lazzarin. Il motivo? Addolcire una verifica fiscale in corso nell’azienda.


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