Maxi-truffa finanziaria portando soldi in Svizzera

Un 47enne di San Martino di Lupari tra i 15 imputati al processo iniziato a Belluno Ricostruite in aula le oscure attività di una società che esportava valuta in nero

SAN MARTINO DI LUPARI

Tra i 15 imputati al maxi-processo in corso a Belluno ai vertici della Gd Consulting, la società d’intermediazione finanziaria truffaldina che ha raccolto oltre 50 milioni di euro tra risparmi e fondi neri di aziende, spunta il nome di un 47enne di San Martino di Lupari, Fulvio Antonello, che con gli altri 14 rinviati a giudizio è accusato di associazione a delinquere. Ieri è stato sentito un maresciallo della Finanza, che ha illustrato le fasi delle indagini.

Auto sospette. Le indagini sulla società di intermediazione finanziaria italo-svizzera partono ai primi del 2005 di una Porsche Cayenne, una Bmw X5 e una Bmw 645 usate dal bellunese Roberto Bortolotto e intestate a 2 società svizzere, tra cui la General Dynamics Sa che faceva capo a Gianpiero Addis Melaiu.

La svolta. Il 14 settembre 2005, Bortolotto viene fermato a Chiasso, al confine italo-svizzero, per “un controllo di routine”: si qualifica inizialmente come diplomatico e si rifiuta di mostrare il contenuto della valigetta. Lo fa dopo un’ora: dentro ci sono documenti finanziari, 120.000 euro in contanti e franchi svizzeri. Tra gli incartamenti spunta una lista di 500 clienti italiani , identificati con un codice riconducibile alla Gd Consulting srl, società gemella della General Dynamics Sa svizzera, che ha la sede operativa in piazza dei Martiri a Belluno e filiali a Milano, Bergamo e Conegliano (Tv).

Le liste. I finanzieri, attraverso la Consob e l’Ufficio italiano cambi, scoprono che la Gd Consulting non ha i requisiti per effettuare l’attività d’intermediazione finanziaria.

I soldi in Svizzera. Si scopre che gli agenti della Gd Consulting proponevano alla clientela operazioni speculative nel mercato dei cambi, promettendo interessi molto elevati (fino al 10%). Le operazioni venivano curate dalla “gemella” svizzera, alla quale venivano trasmessi illegalmente i fondi raccolti in contanti tra i clienti.

Il tranello. Iniziano le intercettazioni telefoniche e i pedinamenti ai vertici della società. Tra questi Emanuela Deola, responsabile feltrina della sede di Conegliano, che il 10 novembre 2005 viene fermata dalla Finanza a Chiasso con materiale scottante, compreso un appunto scritto a mano sulle strategie per invogliare i clienti a investire dove spuntano termini come «nero», «contanti», «riservatezza».

Telefonini. I vertici della società, ha spiegato ieri il maresciallo-testimone, a quel punto hanno iniziato a comunicare tra loro con telefonini svizzeri, ritenendoli erroneamente non intercettabili.

Clienti facoltosi. A inizio 2006 i finanzieri iniziano a far “visita” ai clienti più facoltosi. Tra questi Ermes Forlin, un imprenditore edile di Feltre: gli trovano ricevute e materiale riconducibile alla Gd.

Le misure cautelari. All’alba del 5 maggio 2006 scattano le misure cautelari. In carcere finiscono i vertici dell’organizzazione mentre agli altri vengono applicate misure che vanno dall’obbligo di dimora alla “firma” in caserma.

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