Medicina di laboratorio gli Stati Uniti premiano il professor Plebani

L’American Association for Clinical Chemistry, la più prestigiosa società scientifica della Medicina di laboratorio a livello internazionale, ha conferito al professor Mario Plebani (nella foto) il “2019 AACC Outstanding Contributions Through Service to the Profession of Clinical Chemistry Award”. Il Premio - Plebani è il primo italiano a conquistarlo - riconosce il valore dei ricercatori e professionisti della medicina di laboratorio che, nell’arco della loro carriera, abbiano dato un rilevante contributo al miglioramento della professione e delle conoscenze scientifiche.
«È un riconoscimento che mi fa particolarmente piacere perché riconosce il lavoro di una vita», la reazione del professore che ha ricevuto i complimenti anche dal governatore Luca Zaia, «ma ci tengo a sottolineare che non è un premio al singolo ma al gruppo che non me ha condotto studi e ricerche».
La consegna avverrà in agosto a Los Angeles. Il premio riconosce il contributo al miglioramento della qualità e della sicurezza del paziente nelle analisi di laboratorio, allo sviluppo dello standard internazionale di accreditamento dei laboratori clinici e per le ricerche sui di marcatori tumorali e per aver fondato e diretto una Scuola, conosciuta in tutto il mondo, che ha saputo coniugare la ricerca scientifica con un’eccellente pratica professionale.
«La medicina di laboratorio», spiega Plebani, riconosciuto fra i 100 patologi più influenti nel mondo, «si occupa di analisi chimiche, biochimiche, ematologiche, microbiologiche, virologiche e oggi sempre più anche diagnostica molecolare. Fino a qualche decennio fa le analisi servivano a confermare la diagnosi clinica, oggi invece riusciamo a fare prevenzione grazie all’identificazione di fattori di rischio. Riusciamo a determinare la dose ottimale di determinati farmaci, anticoagulanti e antitumorali, in base ai diversi tipi di metabolismo del paziente, massimizzando gli effetti terapeutici e riducendo il rischio di eventi avversi».
Un filone di ricerca valorizzato dalla Scuola padovana è quello sui biomarcatori di malattie infiammatorie: «Grazie a tecniche di spettrometria di massa molto avanzate riusciamo a ricavare anche dalla saliva - oltre che da sangue, urina o feci - i dati che interessano per rilevare alcuni marcatori o spie di malattie. L’obiettivo è di arrivare ad analisi sempre meno invasive e, al contempo, sviluppare strumenti che consentano al paziente di monitorare da sé, come già oggi si fa con l’insulina, anche altri parametri e grazie alla telemedicina trasmettere i dati al medico. È l’evoluzione dell’home-care».
Altro tema è quello dei big data: «Mettere in rete e collegare il patrimonio di analisi consente di classificare sempre meglio le patologie, fornendo uno spettro più completo e integrato». —
E.L.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova