“Memoria” contesa Verzotto non molla e ora chiede i danni

SANTA GIUSTINA IN COLLE. L’archiviazione della querela per diffamazione contro Mauro Vittorio Quattrina non ferma l’avvocato Luigi Verzotto. Che ora cita nuovamente il regista in giudizio, stavolta in sede civile, per ottenere un risarcimento di 50 mila euro per il danno alla reputazione che afferma di subire in conseguenza «delle gravissime offese» alla memoria del fratello Graziano Verzotto. Sotto il tiro di Verzotto sempre il docufilm “La memoria di Giano”, in cui si racconta la strage del 27 aprile 1945 a Santa Giustina in Colle, dove furono fucilati dai nazisti 24 uomini fra cui 5 minorenni e 2 sacerdoti. Un documentario che a Verzotto proprio non piace perché si coinvolge nella responsabilità dell’eccidio il fratello partigiano. «Si ingenera negli spettatori la convinzione che Graziano Verzotto sia responsabile dell’eccidio e che abbia nascosto le proprie colpe fornendo notizie contraddittorie sull’accaduto facendo sparire la documentazione compromettente, usando la propria influenza per ostacolare la ricerca dei responsabili della strage» è scritto nella citazione. Per Luigi Verzotto la ricostruzione fatta lo lede nell’onore, nella reputazione, nel prestigio e nella dignità. In questa ulteriore azione legale Luigi Verzotto è assistito dagli avvocati Giovanna Verzotto e Giorgio Verzotto. Non intende entrare nel “gioco” delle denunce e controdenunce il diretto interessato: Quattrina ricorda solo che Luigi Verzotto ha già perso due cause penali che gli aveva intentato e rivendica la libertà di stampa. Nelle sentenze, infatti, il giudice ha ritenuto che il regista è rimasto «nei canoni della critica storica» e ha considerato che a distanza di 70 anni non sarebbe possibile stabilire l’esatta verità. In estrema sintesi il docufilm non cita un documento in cui risulta che Graziano Verzotto fu assolto dall’accusa di tradimento, circostanza quest’ultima che diede origine alla vendetta delle SS sulle 24 persone inermi.
Il regista ha sempre affermato che non ci fu una causa e la sentenza assolutoria non venne emanata in un tribunale vero e proprio. (g.a)
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