Monsignore dice sì Il busto di Bembo andrà in mostra

di Paolo Coltro
PADOVA
Ci sarà anche lui. Il “paron de casa” Pietro Bembo non poteva non esserci alla mostra che, da febbraio, lo celebra. Ci sarà in modo imponente, quasi sacrale, nelle fattezze fissate in un marmo strepitoso che ce lo restituisce di pietra sì, ma quasi fosse vivo. Insomma, il busto di Pietro Bembo sarà in via Altinate ad accogliere i visitatori della mostra, testimonianza visiva, ma a tre dimensioni, di un personaggio cruciale del nostro Rinascimento: per farla breve, Bembo è l’inventore della nostra letteratura, colui che fonda i principi della lingua, colui che riassume in sè il veneziano, il padovano, il cardinale romano. A cinque secoli di distanza si ricostruisce, proprio tra le mura che il letterato abitò a Padova, la sua collezione: di dipinti, di oggetti, di ricordi anche intriganti. Fino a tre giorni fa, la mostra “Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento” era orfana proprio del protagonista. Sì, ci sarà il grande ritratto di Tiziano, che da solo vale il viaggio, ma quel busto, quel Pietro di pietra che ne restituisce una riconoscibilità immediata e fisica, mica doveva esserci.
Eppure è a due passi, abita nella Basilica del Santo, al centro di un altare laico, un’edicola che si è tentati di attribuire a Palladio: una solennità fatta di colonne e severa celebrazione, per l’uomo illustre che ebbe un ruolo centrale nella cultura del suo tempo. Tanto da esser fatto cardinale in età avanzata, e non solo per prestigio e meriti letterari: il papa aveva bisogno della sua testa per cercare di riannodare fili e comprensione con la Chiesa Riformata, una mente aperta come quella di Bembo poteva funzionare. Vinsero gli oltranzisti, ma insomma Bembo muore, nel 1547, principe della Chiesa, e il monumento a Padova non glielo toglie nessuno, anche se viene sepolto nella Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, a Roma. Al Santo, nonostante il bianco e l’oro, il suo monumento passa un po’ inosservato, il busto è abbastanza alto e l’attenzione è tutta per sant’Antonio. Per il bene della mostra, finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, s’era speso il presidente Antonio Finotti: che in una lettera alla Veneranda Arca aveva chiesto il prestito del busto di Bembo. Ma sui beni contenuti nella Basilica decide il delegato pontificio, monsignor Gioia, e i rapporti con la Veneranda Arca non erano dei migliori. Adducendo come motivazione il riesame che il Vaticano sta facendo sui prestiti delle proprie opere d’arte, arriva un no. Che sembra condito da un sogghigno, tanto è dispettoso, se ci si pensa assurdo. Il Bembo più “vero” non va in mostra, imprigionato al Santo dalle ripicche. Ma le idee camminano con gli uomini, e qualche volta anche le opere d’arte.
Quando scoppia la bufera dei cinque miniappartamenti ricavati nella vecchia infermeria del convento al Santo, in mezzo al fumo delle polemiche a distanza, qualcuno si ricorda del busto di Bembo, che inaspettatamente torna in gioco. Elio Armano, uno dei presidenti della Veneranda Arca del Santo, scrive a mano una lettera «all’eccellenza reverendissima» m. onsignor Gioia, il delegato pontificio che si sente tutta Padova contro. In sostanza, scrive Armano, vengo a Roma per vedere alcune mostre e «sarebbe imperdonabile non cercare di incontrarla», e non come rappresentante della Veneranda Arca, ma proprio per la questione del busto di Bembo. Sarà stato il richiamo al «clima di serena collaborazione» a convincere monsignor Gioia? Sarà stata la rassicurante presenza dell’avvocato Lorenzo Pilon, rappresentante del Vaticano al Santo? Fatto sta che ad una promessa verbale ha fatto seguito la lettera ufficiale, datata 14 novembre. «Nonostante che alla Delegazione Pontificia non siano ancora giunte le disposizioni della Segreteria di Stato circa i prestiti delle opere d’arte del Complesso Antoniano, dopo aver tutto soppesato, si è ritenuto opportuno fare un’eccezione ed accogliere la richiesta per la validità dell’iniziativa». La lettera è indirizzata a Guido Beltramini, direttore del Centro studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza, cioè il curatore della mostra su Bembo. Beltramini quasi non ci credeva. Nel bel mezzo di batti e ribatti, precisazioni, smentite, accuse e controaccuse tra la Veneranda, i frati e il delegato pontificio, ecco il miracolo della diplomazia. Puntualizza il monsignore a Beltramini: «Ritengo lei ed Elio Armano responsabili dell’operazione». Beltramini esulta e ieri mattina, passato il weekend, ha comunicato la bella novità alla Fondazione Cariparo. Una sorpresa ed un buon auspicio per la mostra che ora potrà accogliere i visitatori dando loro una percezione diretta di chi era Pietro Bembo. Schermaglie di ogni tipo e diplomazia a parte, il busto è strepitoso: la gran barba del vecchio cardinale trasmette l’imponenza storica ed intellettuale del personaggio, dà un carisma che ai suoi tempi doveva essere formidabile e che arriva dritto ai posteri, anche quelli in Vaticano.
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