Si è spento Francesco Pavan, tra i padri dell’arte orafa padovana
Per anni docente al Selvatico, è stato una figura centrale nella nascita e nello sviluppo della scuola padovana di oreficeria

Si è spento giovedì, all’età di 87 anni, Francesco Pavan, considerato uno dei padri dell’arte orafa contemporanea e figura centrale nella nascita e nello sviluppo della scuola padovana di oreficeria.
Classe 1937, Pavan ha legato il suo nome in modo indissolubile all’istituto d’arte padovano “Pietro Selvatico”, dove prima si forma diplomandosi in arte dei metalli e dello sbalzo, e poi insegna tecniche di laboratorio a partire dal 1961, per quasi quattro decenni, fino al 1999. Nel panorama italiano e internazionale, Pavan ha portato avanti una ricerca artistica che ha segnato un'evoluzione profonda nell’oreficeria, trasformandola da pratica artigianale a forma d’arte autonoma.
Fondamentale per la sua formazione l’incontro con Mario Pinton, tra i primi a intuire l’oreficeria come disciplina plastica e artistica, ma è attraverso il confronto con l’arte contemporanea – in particolare con Lucio Fontana, incontrato a Milano – che Pavan matura un linguaggio proprio. Da quell’esperienza prende le distanze dal decorativismo e approda a una poetica concettuale, fatta di forme astratte, volumi essenziali e riferimenti alla sezione aurea.
L'influenza dell'arte cinetica, programmata e dell’optical art – all’epoca presente a Padova grazie al Gruppo Enne – è evidente nelle sue composizioni, dove metalli diversi (oro, argento, rame, alpaca) vengono tessuti, battuti e lavorati in modo da creare effetti percettivi instabili e articolati. A questo filone si aggiunge, nei decenni successivi, un interesse per il movimento reale, espresso in oggetti come collier e bracciali dall’aspetto minimalista ma di grande complessità costruttiva, spesso giocati su meccanismi ispirati alla dinamica dei nodi cardanici.
Dal 2000 in poi, la sua attenzione si concentra sull’uso dello smalto come materia plastica tridimensionale, autonoma e non vincolata a una superficie, sfruttando le potenzialità espressive delle trasparenze cromatiche e incastonandola in strutture che sono al tempo stesso cornice e supporto.
Figura riservata, schiva, ma molto presente nel mondo dell’arte, Pavan ha saputo coniugare rigore formale e profondità concettuale, influenzando generazioni di artisti e orafi che lo hanno avuto come maestro al Selvatico.
Secondo lo scultore Elio Armano «Francesco aveva mani d’oro». Una definizione che sintetizza la sua capacità di fondere sapere tecnico, sensibilità artistica e innovazione.
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