Morto Pirani, fondatore di Repubblica

Dal Pci all’Eni di Mattei, fu legato alla Venezia del Lido tra cinema e cultura

ROMA. È morto a Roma, all’età di 89 anni, il giornalista e scrittore Mario Pirani. Aveva partecipato alla fondazione di Repubblica di cui è stato a lungo vicedirettore. Riportiamo stralci del ritratto che di lui ha tracciato sul nostro giornale Alessandra Carini il 30 settembre 2010.

«Di famiglia veneta, con un’infanzia passata nelle atmosfere incantate del Lido degli anni Trenta, un’adolescenza severa trascorsa al confino e poi in fuga, un dopoguerra vissuto, fino alla rivolta soppressa d’Ungheria, nelle file del Partito Comunista...», frequentò «la Venezia del Lido e delle Mostre del Cinema degli anni d’oro, dove Vittorio Cini e Achille Gaggia potevano vedere in concorso film come “A nous la liberté” di René Clair, e quella operaia del dopoguerra, dove si consumavano aspri dibattiti cultural-politici sulla pittura tra Emilio Vedova e Giulio Turcato, sullo sfondo di una città che era il centro del Fronte Nuovo delle Arti... una città all’avanguardia circondata da una campagna che era ancora quella di un tempo, dove si consumavano, epicentro Cavarzere, le lotte bracciantili per fissare l’imponibile di manodopera e dove Giuseppe D’Alema, papà di Massimo, che il partito aveva trasferito al regionale del Veneto, conduceva battaglie aspre come quella di incendiare i casoni del Delta per obbligare i proprietari terrieri a fornire ai loro lavoranti una casa decente. Da funzionario del Pci, Pirani è uno dei protagonisti dell’avventura di Mattei all’Eni. Ha il ruolo di dirigente incaricato di promuovere i rapporti e la politica petrolifera del gruppo nei Paesi del Nordafrica, Algeria, Tunisia...». E poi «la morte di Mattei, l’arrivo di Eugenio Cefis, il cambiamento di un’epoca nella storia d’Italia e nella vita di Pirani che torna al giornalismo, professione che lo aveva visto esordiente all’Unità. Da qui comincia un’altra avventura di vita che lo annovera tra i fondatori di Repubblica prima e poi direttore dell’Europeo della Rizzoli inquinata dall’avventura della P2». Questi i ricordi contenuti nel suo ultimo libro “Poteva andare peggio. Mezzo secolo di ragionevoli illusioni”, pubblicato nel 2010 e che ferma il racconto negli anni Ottanta. Gli anni che chiudono l’epoca delle ragionevoli illusioni. Dopo ci si è trovati in un Paese dove, come analizzava amaramente Pirani «per la prima volta nella storia, una classe dirigente fa leva sui difetti antropologici di una nazione, trasformandoli in virtù. Un Paese dove lo Stato viene rappresentato come un ladro e un evasore come un eroe. Dove il concetto del bene pubblico non esiste perché sopravanzato da una visione familistica e esclusivamente privata».

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