Muore una gemellina ginecologo indagato

Il dramma è avvenuto a tre settimane dal parto con la scoperta che le due gemelline erano state colpite da Tts, grave patologia della placenta conosciuta come sindrome di trasfusione tra gemelli monozigoti. Sindrome che si verifica quando ci sono connessioni sanguigne tra i due feti con passaggio di sangue da un organismo all’altro. Impossibile rispettare il termine della gravidanza che, fino a giugno, aveva avuto un regolare decorso. A quel punto è stato necessario intervenire con un parto cesareo. Un parto avvenuto nell’Azienda ospedaliera il 10 luglio 2012 che ha salvato la vita di una delle due bimbe, sia pure nata in condizioni critiche, mentre l’altra è morta il 31 luglio. Nel registro degli indagati è finito il ginecologo Erich Cosmi, accusato di lesioni e omicidio colposi: era lo specialista che seguiva la mamma, una trentottenne moglie di un medico padovano e già madre di un altro bambino. Erano stati lei e il marito a presentare un esposto in procura per fare luce sull’accaduto ed accertare eventuali responsabilità. La procura si è affidata a due esperti, il dottor Domenico Arduini dell’Università Tor Vergata di Roma, specialista in Ostetricia e ginecologia, e la professoressa Emanuela Turillazzi dell’Istituto di medicina legale di Foggia. E i due consulenti sono arrivati alla conclusione che non c’è alcuna responsabilità da parte del collega padovano Cosmi, il quale avrebbe rispettato tutte le linee guida: il suo operato risulta ineccepibile. Da qui la richiesta di mandare in archivio le contestazioni sollevate nei confronti dello specialista molto noto in città, difeso dall’avvocato Davide Pessi. Un esito che non è stato accettato dai genitori delle gemelline decisi a opporsi a quella richiesta di archiviazione, tutelati dal penalista Pietro Someda. Ieri l’udienza davanti al gip Mariella Fino: pubblica accusa e parti offese hanno discusso la questione, esponendo le loro tesi. Ora la parola passa al giudice che dovrà trarre le somme e pronunciarsi sulla richiesta della procura, accettandola o meno. Per il pubblico ministero tutto è chiaro: il medico non poteva individuare prima quella patologia che è risultata fatale per una neonata. Secondo la famiglia delle piccole, invece, il dottor Cosmi avrebbe fatto slittare un'ecografia prevista alla ventiquattresima settimana e ritenuta rinviabile, mentre lo stesso esame diagnostico fissato in una data successiva (alla ventiseiesima settimana) aveva rivelato che ormai non c’era più nulla da fare di fronte all’evolversi della patologia risultata letale per una bimba. Anzi, la situazione sarebbe stata così grave da imporre il ricorso al parto cesareo. Ecco la convinzione dei genitori: se l'ecografia “saltata” fosse stata eseguita come originariamente stabilito, sarebbe stato possibile individuare in tempo la malattia e il suo stadio di sviluppo.
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