Muraro presidente europea Eaaci

Antonella Muraro, pediatra dell’Azienda ospedaliera, è stata eletta presidente dell’Eaaci ci (European academy of allergy and clinical immunology), società scientifica nata nel 1956 che conta più di ottomila esperti nel campo delle patologie allergiche e dell’immunologia. Il suo mandato prenderà il via ufficialmente a giugno, in occasione del congresso a Barcellona.
Dottoressa Muraro, come è diventata presidente di un’associazione europea così importante?
«Mi sono guadagnata la stima dei colleghi europei lavorando molto. Ho dimostrato di essere un’esperta nel campo dell’allergologia con i fatti: con l’esperienza scientifica e il rigore professionale. All’estero viene valutato il merito, mentre in Italia a volte prevalgono altre logiche. Le donne partono e restano spesso svantaggiate. Tanti i ruoli che la donna deve svolgere contemporaneamente: professionista, moglie, madre, figlia di genitori anziani. E in tutto questo le professioniste non ricevono educazione alla leadership».
Che cosa intende?
«Una professionista ha bisogno di essere strutturata coltivando l’autostima, la resistenza alla pressione psicologica e la gratificazione di carriera».
E per ottenere riconoscimenti sul posto di lavoro ha dovuto affrontare ostacoli?
«Sì, ma quello che mi ha tenuto in piedi è sempre stato l’obbiettivo finale. La mia carriera ha subito uno stop di cinque anni perché in quel periodo sono nati i miei due figli. Ho dovuto scegliere tra il lavoro e portare a termine una gravidanza a rischio. Ho ovviamente scelto il bambino. Quando sono tornata a lavoro, i primi tempi ero tagliata fuori. Invece che occuparmi del mio settore, le allergie, avrei dovuto lavorare in un altro reparto pediatrico. A quel punto ho pensato di seguire il mio sogno, ovvero un Centro per le malattie allergiche che facilitasse al paziente il conseguimento di una diagnosi in tempi brevi e che l’aiutasse in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Ci hanno creduto i pazienti e i genitori dei “miei” bambini. Nel 2004 la Regione ha istituito il Centro regionale per le allergie e intolleranze alimentari presso la Pediatria dell’Azienda ospedaliera di Padova. Non avevamo finanziamenti né risorse all’inizio, ma siamo comunque partiti grazie a un progetto europeo che nel frattempo avevo vinto. Da cattolica penso che la Provvidenza apra sempre strade e faccia degli ostacoli un’occasione».
Quanto è stato difficile conciliare la carriera con gli affetti?
«I miei studi all’estero hanno comportato un rallentamento nei rapporti affettivi. Si parla tanto di parità di genere ma ancora oggi le donne in carriera sono penalizzate. Mio marito, medico anche lui, mi capisce ma è stato più difficile farlo capire ai figli. I bambini, confrontando la disponibilità delle mamme degli amici, si chiedono in che cosa sono diversi».
Quali esperienze l’hanno segnata di più?
«A 25 anni fa mio padre si è ammalato di tumore e ho scelto di stargli vicino. Assieme alla mia famiglia abbiamo fatto squadra, superando così un difficile percorso di cure. Da quest’esperienza ho compreso come sia essenziale seguire il paziente a 360 gradi. Idealmente, un medico dovrebbe assistere un ammalato come se fosse l’unico di cui si occupa. È fondamentale avere tempo per ascoltare, per personalizzare il trattamento. Bisogna capire di cosa c’è bisogno, sotto tutti i punti di vista. Con questo principio ho portato avanti tutta la mia attività».
Qual è stato il suo percorso di studi?
«Ho frequentato il liceo classico e ho anticipato i tempi della maturità a 17 anni. Mi sono laureata in Medicina a Padova a 23 anni e ho deciso di seguire le orme di mio padre, anche lui pediatra. Grazie anche al supporto dei miei genitori sono arrivata fino qui. Mi hanno insegnato le priorità della vita e, soprattutto, a non arrendermi mai».
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