«Negli Usa si premia il merito»

La boccata d'ossigeno per la ricerca scientifica arriva da una Fondazione privata. Cosa ne pensano i ricercatori? Luca Scorrano, 40 anni, opera proprio all'interno dell'Istituto Telethon Dulbecco, mentre Elisa Greggio, 36 anni, è tornata dagli States per fare ricerca a Padova. Entrambi si schierano a favore di questo sistema e lanciano un messaggio di speranza.
Professor Scorrano, come sta cambiando la ricerca scientifica in Italia? «La distinzione tra finanziamento pubblico e privato è artificiosa. Telethon è quello che in inglese si chiama charity e finanzia la ricerca biomedica per malattie di riferimento, in questo caso genetiche. Faccio parte del “nocciolo duro” di ricercatori e lavoro nel programma dedicato al Nobel Dulbecco. Non trovo nulla di strano nel fatto che la ricerca scientifica attinga a questi finanziamenti». Sono fondi raccolti grazie alla solidarietà dei singoli. Non dovrebbe esserci la stessa attenzione da parte del settore pubblico? «Le varie fonti di ricerca si integrano. Purtroppo, o per fortuna, sono passati gli anni in cui le risorse erano garantite solo per il fatto che si stava facendo una ricerca. Non è vero che i soldi per fare ricerca nel nostro Paese non ci sono. Oggi, anche grazie a enti come Telethon, la ricerca è meritocratica e premia i migliori progetti. Come succede in America, dove il tasso di finanziamento da parte dell'Istituto di Sanità ondeggia tra il 5 e il 10%. La vera rivoluzione non è come trovare i soldi ma il metodo meritocratico».
È della stessa opinione anche Elisa Greggio. Anche lei ha trascorso un lungo periodo negli Stati Uniti. E portan avanti un percorso di ricerca che si affida in parte alle charities. E non ha dubbi: «È un metodo simile a quello americano, soprattutto per quanto riguarda i revisori. Lo schema di valutazione di Telethon è internazionale e indipendente: la sua trasparenza e rigorosità è universalmente riconosciuta. E i ricercatori danno il meglio, proprio perché sono concentrati sull'obiettivo». Ma non c'è il rischio che si spendano più energie nel cercare un finanziamento invece che nella ricerca? «No, proprio perché la stesura dei progetti deve essere molto dettagliata. In questo modo si riesce a fare sia ricerca di base sia applicata. Il mio progetto, che è triennale come tutti quelli finanziati da Telethon, vede la collaborazione tra gruppi di ricerca di Padova, Ferrara, Milano e Genova. Le competenze si intersecano per studiare l'attività di una particolare proteina nel Parkinson ma anche le interazioni con i farmaci, facendo ricerca a più livelli».
Elisa Greggio è rientrata in Italia grazie a un progetto ministeriale ma fa ricerca con le Fondazioni. Spiega: «Il mio stipendio è pagato dal Ministero e lavoro all'interno del Dipartimento di Biologia dell'Università, che mi ha accolto benissimo. Le Fondazioni ci aiutano a pagare i colleghi e i costi dei materiali di ricerca. Sono contenta di essere tornata in Italia: ho trovato molti colleghi giovani e motivati. Ho avuto, e continuo ad avere, esperienze positive».
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