«Negri come i terroni»: il video spopola in rete

Il monologo interpretato dall’attore padovano Andrea Pennacchi pubblicato sulla pagina facebook “This is racism”

PADOVA. Un nemico ci vuole. E un nemico comune è un’alchimia che fa stringere nuove alleanze. Lo spiega a dir poco bene, con buona dose di ironia e altrettanta di sano pragmatismo veneto, il video che da qualche giorno sta letteralmente spopolando sul web. Il titolo è “Quando i neri erano i meridionali”, un monologo interpretato dall’attore teatrale Andrea Pennacchi, con la regia di Francesco Imperato, su un testo di Marco Giacosa. Il video è stato pubblicato sulla pagina facebook This is racism e in poche ore ha iniziato a macinare visualizzazioni. Sono già oltre un milione e non si contano le condivisioni.



La scena è tanto semplice quanto evocativa. Una villetta in perfetto stile nordestino, con tanto di trattorino tagliaerba parcheggiato davanti, e un ben piantato Pennacchi immobile. Un piano sequenza che si avvicina sempre più all’attore, mentre snocciola il suo pensiero. Ed è un ragionamento tanto lineare da sembrare quasi banale quello che si dipana in dialetto veneto. Un ragionamento su quel che era e qual che è diventato il razzismo. Cambiano i suonatori, si direbbe, ma resta la musica. Il tema sono i “terroni”, i meridionali che un tempo rappresentavano i foresti che venivano a invadere il Nord. Bulli a scuola e nelle sagre di paese, sfaccendati, quelli che finivano per avere sempre la casa popolare, che invocavano diritti e non conoscevano doveri. I terroni che dopo qualche anno si sforzavano di parlare in dialetto e si dicevano più veneti dei veneti, e il maestro a scuola che insegnava “el leon che magna el teron”, lo stesso slogan che viene fatto proprio dalla Lega nord. «Qua arrivava la feccia, el nobile de Palermo e el giurista de Napoli restava casa sua». E quando si stava a discutere fin dove arrivasse il Nord e dove iniziasse il Sud, dove fosse la linea di sbarramento fra buoni e cattivi, ecco che arrivano i “negri”. Una soluzione a portata di mano.


«I negri sono riusciti a fare quello che non è riuscito a fare Cavour. I negri hanno fatto gli italiani». Tutti uniti, da Nord a Sud, contro i nuovi brutti e cattivi. «Dopo 300 anni ci siamo scoperti tutti fratelli dandogli addosso al negro. Ma mi ricordo quanto schifo ci facevate, si vede che non ve l’abbiamo detto bene» assume quasi il tono dell’invettiva. Poi l’entrata a gamba tesa in campo politico: «Non dovreste neanche avere il coraggio di nominarlo il ministro dell’Interno (Salvini,
ndr
), dovreste vergognarvi, ma anche dovremmo vergognarci, per aver pensato cose tanto sporche».


La memoria è il pungolo del discorso. Quella che in chi difetta fa fare cose di cui altrimenti si vergognerebbe. Chi per tanti anni è stato bersaglio di odio, di razzismo, che ora si allea con chi lo insultava contro un nuovo diverso. Evidentemente senza« ricordare il disagio, il dolore, la profonda ingiustizia.


Il successo che sta registrando il video sorprende i suoi autori per primi. «La forza evocativa è enorme» commenta lo stesso Pennacchi, «fa leva su una serie di clichè che rimandano a una memoria condivisa. Quasi banalizzando il testo riporta a galla quello che siamo stati e crea un parallelo impressionante, forte, con ciò che sta accadendo oggi. È un messaggio provocatorio. C’è chi lo comprende e lo condivide o meno, ma anche chi non lo comprende. Il problema sono gli altri o i problemi sono altri?» si interroga l’attore, «il razzismo c’è, è un’avversione verso gli ultimi arrivati, i deboli. È sintomo di un cambiamento, io credo, di una crisi più generale e profonda, ma non voglio fare il filosofo che non sono. Come attore, ritengo che l’arte, in tutte le sue forme, possa avere un ruolo terapeutico. In questo caso una fetta di società si può vedere allo specchio, magari si interroga. Parliamone e forse tutti ne capiremo qualcosa in più».


Il video non è stato pensato come uscita unica. Ne sono previsti altri sul tema del razzismo. Che esiste. —



 

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