Nel call center si lavora in nero metà operatrici senza contratto

Call Center in nero nella zona industriale di Padova. È una delle ultime indagini dell’Ispettorato territoriale del lavoro (Itl) ad aver svelato una situazione in cui l’uso del lavoro nero ha superato ogni soglia di allarme. Dopo un impegnativo percorso di indagine, proprio nei giorni scorsi, due ispettori dell’Itl padovano, si sono presentanti alla porta di un call center che svolge attività di prenotazione di appuntamenti per la vendita porta a porta di articoli per la casa.
Arrivati al mattino di buon’ora i due ispettori si sono qualificati con il tesserino ai responsabili della struttura. E hanno riscontrato che, dei 13 lavoratori presenti, solo 6 erano in possesso di una qualche forma di contratto legale. Le altre sette telefoniste “regolarmente” attive alle proprie postazioni, operavano “in nero”. La verifica, che si è prolungata fino al tardo pomeriggio, ha chiarito che si era in presenza di due diverse aziende, attive in commistione tra loro con una piena condivisione di spazi e di operatrici. In passato una di queste due aziende aveva già cambiato nome. Un fatto che ha ancor più stimolato la curiosità degli ispettori sulle vicende di entrambe le società. Quando viene riscontrato un impiego di lavoratori in nero superiore al 20% del totale della forza lavoro presente al momento del controllo (qui la soglia aveva raggiunto addirittura il 54%), la normativa impone l’obbligo della sospensione dell’attività aziendale. Atto prontamente eseguito. Ma già il giorno successivo i titolari di una delle due società (quella a cui sono stati imputati i lavoratori in nero) si sono presentanti nella sede dell’Itl Padovano in piazza De Gasperi dimostrando l’avvenuto pagamento dell’importo previsto per ottenere la revoca del provvedimento (2000 euro). E hanno consegnato copia delle lettere di assunzione per le dipendenti prima occupate di fatto, cioè in regime di lavoro nero. Azioni sufficienti per la revoca della sospensione dell’attività imprenditoriale, non certo per un’archiviazione delle indagini a tutt’oggi in corso. «Perdura anche nel 2020 un fenomeno del lavoro nero che è consistente soprattutto nel settore dei call center» spiega Rosanna Giaretta, direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro, «Notiamo per altro una certa frequenta in cui le situazioni di irregolarità contrattuale vanno di pari passo con cambi di ragione sociale come il nome e la partita Iva dell’azienda, pure rimanendo lo stesso centro di interessi». Un’operazione, quest’ultima, emblematica dell’attività dell’Ispettorato in ambito non solo di conciliazione tra le parti (aziende e lavoratori) ma di indagine sul campo per quanto riguarda il rispetto delle norme sul lavoro.
«Nonostante una progressiva riduzione del numero di ispettori in servizio presso l’ispettorato» conclude Giaretta «prosegue con costanza l’impegno per contrastare le irregolarità nel campo del lavoro e previdenziale. Già a inizio anno ci troviamo a constatare che la nostra attività continua a identificare fenomeni di sfruttamento che vanno sotto il nome di lavoro nero. Una piaga ben lungi dall’essere debellata anche in un territorio che si fregia di essere uno tra i più avanzati in Italia e in Europa sia dal punto di vista culturale che economico e sociale». —
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