Nella “Passione” il segreto del sapere filosofico

Il saggio di Umberto Curi: un enigma etimologico si trasforma in riflessione sulla conoscenza
Di Nicolò Menniti Ippolito

“Prenderla con filosofia” si dice. Che è come dire non lasciarsi turbare, non essere preda di rabbia o rancore, oppure d’amore fatale; insomma tenersi alla larga dalle passioni. E certo molte filosofie, da quelle ellenistiche a Cartesio, sembrerebbero effettivamente insegnare questo. Ma se non fosse poi così? Se prenderla con filosofia significasse invece storicamente il contrario?

A indagare questo nodo è Umberto Curi, professore emerito di Storia della filosofia a Padova, nel suo ultimo libro, “Passione”, (Raffaello Cortina Editore, p.227, 13 euro) che è da oggi in libreria.

Curi parte da un enigma etimologico. Passione indica in origine quel che si patisce, quel che dall’esterno colpisce e rende in qualche modo “passivi”. E tuttavia nel sentire moderno, la passione è totalmente attiva, è ciò che da dentro spinge a fare delle cose, è per certi versi il motore delle nostre azioni. E allora come mai un termine che indicava esplicitamente “passività” si è rovesciato fino a suggerire “attività”? I filologi hanno provato a capire, a scandagliare quando sia intervenuto il mutamento.

Umberto Curi è invece per una soluzione più radicale. Come sempre fa, usa l’etimologia come grimaldello per scardinare quel che vuole capire. Ed è viaggiando tra le parole greche e quelle latine, tra i miti antichi e moderni, tra letteratura, musica e cinema che arriva alla risposta, che non può essere quella del filologo ma del filosofo. E la risposta è un altro rovesciamento, perché dice che riflessione filosofica e passione sono gemelli inseparabili. Il filosofo non è quindi l’uomo che si allontana dalle passioni, non è colui che tiene a distanza il “pathos”; anzi è l’esatto contrario, è uomo di passione, perché la passione insegna, perché sin dalle origini patire e conoscere sono andati di pari passo.

Si potrebbe dire che il dolore insegna, che il dolore fa comprendere, ma sarebbe ancora troppo poco. Perché “pathos” non è solo dolore, è un sentire anche positivo, ed allora quando lo stesso Aristotele dice che la filosofia nasce dalla “meraviglia”, secondo Curi intende qualcosa di più ampio di quel che si ritiene. Quel che è tradotto come “meraviglia” è in realtà il sentire emotivamente, qualcosa quindi di non dissimile dalla passione. Ed ecco allora che “prenderla con filosofia” significa bene altro, significa non rifiutare la passione, ma imparare grazie ad essa.

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