Neonato cardiopatico muore: «Medici non responsabili»

Il pm chiede l’archiviazione dell’inchiesta per 17 sanitari dell’Azienda ospedaliera tra loro il professor Stellini. Il piccolo era affetto da una grave e rara malformazione
Effettuato oggi al Campus Bio-Medico di Roma un intervento al cuore eseguito dal Professor Francesco Musumeci con robot "Da Vinci". L'operazione ha dato il via all'attività del nuovo Centro di Cardiochirurgia Robotica del Policlinico Universitario. Insieme al Prof. Nirav Patel, direttore del dipartimento di cardiochirurgia robotica del Lenox Hill Hospital di New York, Musumeci ha eseguito una ricostruzione di valvola mitrale su un paziente di 77 anni affetto da insufficienza valvolare mitralica severa..ANSA/UNIVERSITA' CAMPUS BIO-MEDICO DI ROMA.+++EDITORIAL USE ONLY - NO SALES+++
Effettuato oggi al Campus Bio-Medico di Roma un intervento al cuore eseguito dal Professor Francesco Musumeci con robot "Da Vinci". L'operazione ha dato il via all'attività del nuovo Centro di Cardiochirurgia Robotica del Policlinico Universitario. Insieme al Prof. Nirav Patel, direttore del dipartimento di cardiochirurgia robotica del Lenox Hill Hospital di New York, Musumeci ha eseguito una ricostruzione di valvola mitrale su un paziente di 77 anni affetto da insufficienza valvolare mitralica severa..ANSA/UNIVERSITA' CAMPUS BIO-MEDICO DI ROMA.+++EDITORIAL USE ONLY - NO SALES+++

PADOVA. Nessuna responsabilità medica per la morte del piccolo Giovanni Marù, deceduto il 13 novembre 2014, di prima mattina, ad appena 28 giorni di vita: sotto inchiesta erano finiti ben 17 medici, fra cardiochirurghi e pediatri dell’Azienda ospedaliera di Padova dov’era stato ricoverato il neonato, originario di Spinea nel Veneziano.

La procura di Padova ha chiesto l’archiviazione del procedimento penale, ritenendo che l’operato dei medici sia stato corretto e tutt’altro che negligente sia nella fase diagnostica che in quella chirurgica.

Insomma è stato un fatto ineluttabile la morte del bimbo, evento inaccettabile soprattutto quando si tratta di un figlio unico tanto atteso e amato, come in questo caso. Ma la vita, a volte regala gioie e altre volte tragedie inaspettate. E la scienza medica non è sempre in grado di offrire soluzioni di fronte a patologie gravissime e rare. Giovanni, infatti, soffriva di una malformazione cardiaca di estrema serietà e rarità, una severa cardiopatia malformativa congenita poco comune tanto che non risulterebbero ancora manovre chirurgiche codificate per affrontarla nel corso di un intervento. È quanto emerso dalla consulenza tecnica affidata dal magistrato inquirente a due esperti veronesi, il medico legale Dario Raniero e il cardiochirurgo Paolo Bertolini. Già il feto era malato e i genitori ne erano stati compiutamente informati. Tuttavia la patologia pur seria – riscontrata nel corso della gravidanza e periodicamente monitorata fin dalla sua scoperta con ecografie cardiofetali – era stata giudicata guaribile tramite un intervento chirurgico da svolgere nelle prime settimane di vita. Così il piccolo, partorito il 16 ottobre nella Clinica ostetrica di Padova, sette giorni più tardi, il 23 ottobre, era stato spedito sotto i ferri nella Cardiochirurgia pediatrica che si trova nel padiglione "Gallucci" dell'Azienda ospedaliera patavina.

L’operazione era stata programmata ma quando il piccolo torace era stato aperto sarebbe emersa una situazione molto più critica di quella che avrebbe potuto essere rilevata per via diagnostica. In pratica non c’era più nulla da fare: il bimbo era morto pochi giorni più tardi.

I genitori avevano presentato un esposto per capire i motivi di quella tragedia. Nel registro degli indagati erano finiti i 17 medici che, in quei 28 giorni, avevano "trattato" il piccolo, compresi alcuni (all’epoca) specializzandi e il responsabile della Cardiochirurgia pediatrica, il professor Giovanni Stellin, apprezzato esperto in cardiopatie congenite complesse dei neonati e della prima infanzia, con esperienze a Harvard (Boston) e a Melbourne (Australia), membro di importanti società del settore internazionali.

Quel 23 ottobre, a sette giorni di vita, il piccolo era stato trasferito in sala operatoria. Ma l’imprevisto in Medicina è sempre dietro l’angolo. L’operazione era durata a lungo, di fronte a complicazioni provocate dalla patologia apparsa più grave di quanto ipotizzato in base agli esami diagnostici. Tuttavia sembrava tecnicamente riuscita. Alla fine, però, il piccolo Giovanni, intubato e collegato a una macchina per il ricambio del sangue in Terapia intensiva, non era riuscito a vincere la battaglia per la vita. Le sue condizioni erano peggiorate ogni giorno, poi l’insufficienza renale e il collasso respiratorio risultati mortali.

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