«Noi siamo fermi da un anno Secondo lockdown senza logica»

Anna Tringali e Giacomo Rossetto formano una coppia nella vita e nel lavoro con il “Bresci” 

la storia

Sono passati più di 10 anni da quando gli attori Anna Tringali e Giacomo Rossetto, con il regista Giorgio Sangati, hanno deciso di fondare la compagnia teatrale Teatro Bresci. Una realtà culturale di professionisti che porta in scena decine di recite, produce in media due nuovi spettacoli l’anno, organizza rassegne e festival teatrali, porta nelle scuole corsi e progetti, lavora a stretto contatto con il territorio; una compagnia di attori ferma da un anno, da quando i teatri hanno chiuso. In questi lunghi mesi Teatro Bresci ha ricevuto 10 mila euro, tra fondo di sostegno extra FUS del Mibact, le donazioni da privati cittadini e dall’Unione buddhista italiana, che aveva messo a disposizione un fondo speciale per la cultura. Si attendono altri “rimborsi” dal Mibact, ma non ci sono cifre e tempistiche certe. Anna Tringali e Giacomo Rossetto non sono solo due colleghi, sono marito e moglie, e hanno due bambini. Il teatro è il loro lavoro, la loro fonte di sostentamento. «Ricordo la telefonata di giusto un anno fa, che ci annullava uno spettacolo previsto per fine febbraio. I teatri chiudevano e da quel momento di repliche ne abbiamo perse oltre 85, senza contare i festival che organizziamo, i laboratori nelle scuole», spiega Anna Tringali, «nel momento in cui il Governo decide delle misure restrittive perché c’è un’emergenza sanitaria, una pandemia, come tutti si fa un passo indietro. Il primo lockdown lo abbiamo vissuto cercando di pensare a riprogettare, nonostante fossimo spaesati. È arrivata l’estate in cui siamo riusciti a recuperare qualche festival. Il settore si era organizzato per lavorare in sicurezza, rispettando tutte le norme, ci si aspettava di tornare a teatro in autunno con qualche limitazione ulteriore ma non di chiudere. Questo secondo lockdown non ha logica, per questo è difficile accettarlo. Non c’è stato lo stesso trattamento, pensiamo ad esempio alle funzioni religiose dove non c’è neppure il tracciamento, la misurazione della temperatura, così come nei centri commerciali, misure che noi operatori dello spettacolo abbiamo sempre fatto ad esempio». C’è rabbia e preoccupazione, da una parte si cercano di inseguire i pochi “ristori” e rimborsi previsti dagli enti per il settore della cultura, dall’altra si è consapevoli che non bastano e bisogna darsi da fare, reinventarsi. «Non c’è stato tempo per trastullarsi, abbiamo una famiglia. Essendo una compagnia indipendente siamo abituati a sporcarci le mani, a darci da fare, a creare progetti», spiegano Anna e Giacomo Rossetto, «per sopravvivere abbiamo realizzato dei corsi di storia del teatro e di comunicazione a pagamento. Abbiamo rivisto delle nostre produzioni, come quella sulla Shoah per poi proporle a scuole e comuni. Ci siamo adattati ad un nuovo mezzo, l’online, rendendoci conto che non si poteva prendere spettacoli pensati per il palcoscenico, registrarli e metterli in rete. Ora stiamo lavorando ad alcune nostre drammaturgie, come Arbeit, le abbiamo adattate per avvicinarle in qualche modo ad un linguaggio più vicino al cinema da rendere fruibile nel web». —

E.B.

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