«Non si può più vivere di sole cementerie»

Ora i committenti più sicuri sono allevamenti e mangimifici. Con l’estero funziona solo l’export

MONSELICE. «Il nostro riferimento restano le cementerie, ma ci siamo diversificati anche in altri settori: non si può più vivere solo di cementerie. Una volta sì, ma ora non più». Graziano Greggio è il presidente della Cacem, consorzio monselicense di autotrasportatori, che può contare su un parco di 150 camion. «Noi non dipendiamo dall'Italcementi ma dalla ex Radici, che incide per il 50% del nostro lavoro» spiega, e aggiunge: «A livello del cemento c'è stato un forte calo, ma noi ci siamo difesi: lavoriamo in tutto il Nord Italia e anche all'estero, trasportiamo soprattutto materie prime, argille, gessi, carbone, ma anche sale e altro. I numeri non ci mancano, piuttosto ci manca la qualità del lavoro: siamo rimasti in troppi sul mercato e la concorrenza è spietata». Conferma Massimo Garbin, autotrasportatore che lavora proprio con la Cacem: «Il problema è che non ci sono più i margini: ci sei dentro e quindi cerchi di andare avanti, ma costi e spese lievitano, mentre di aumenti nel trasporto non te ne dà nessuno». Resiste ancora anche la Trasportatori Associati, con sede a Monselice. «Facciamo trasporti conto terzi, lavorando con mangimifici e anche con le cementerie» racconta Nereo Bedin, «l'azienda è nata 30 anni fa come agglomerato per gestire il lavoro dei padroncini, che lavorano in modo fisso per noi». Il parco macchine conta 38 mezzi, «la difficoltà maggiore al momento è incassare» aggiunge Bedin «le committenze fanno fatica a pagare e cercano di allungare i tempi. Il settore edile resta quello più in crisi. Noi dipendevamo per il 20-25% dalle cementerie, che ora in pratica sono tutte ferme, subiamo la mancanza del loro lavoro. La mangimistica e il settore agroalimentare invece tengono, gli allevamenti continuano a esserci». Ha cambiato rotta, invece, orientandosi dal trasporto internazionale a quello in Italia, la Fratelli Franchin di Ospedaletto Euganeo, azienda nata negli anni Settanta. «Una volta facevamo solo l'estero» spiega il titolare, Eduard Franchin «ma l'import è crollato, resiste solo l'export: i nostri clienti ci pagano solo all'andata e ci toccava tornare con i camion vuoti». Con 70 mezzi, l'azienda fa trasporto conto terzi di generi alimentari e materie prime. «La crisi si è sentita» prosegue Franchin «i tempi di pagamento si sono allungati notevolmente, il costo del gasolio incide molto, i clienti non ci vengono incontro. Ma pur con grosse difficoltà noi teniamo duro». (f.se.)

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