“OLDBOY” DI SPIKE LEE

“Oldboy” secondo Spike Lee. Il regista americano si ispira al (quasi) omonimo film diretto da Park Chan Wook (si intitolava “Old boy” con lo spazio in mezzo ed era il secondo capitolo della trilogia...

“Oldboy” secondo Spike Lee. Il regista americano si ispira al (quasi) omonimo film diretto da Park Chan Wook (si intitolava “Old boy” con lo spazio in mezzo ed era il secondo capitolo della trilogia dedicata alla vendetta, Gran Premio della Giuria a Cannes nel 2004) per dirigere la “sua” versione della storia che ha per protagonista un uomo, rapito e rinchiuso in una stanza per 20 anni senza sapere il perché (un incipit cult). Nel film di Lee, lui si chiama Joe ed è un pubblicitario egoista e ubriacone (Josh Brolin), separato dalla moglie, con figlia di tre anni a carico. “Oldboy” ripercorre, senza grosse deviazioni (tranne l’epilogo che moltiplica il “fattore edipico” ), la strada narrativa tracciata da Park, anche se lo stile è completamente diverso e la liturgia della vendetta mai davvero folgorante come allora. Il thriller esistenziale ed iperrealista, l’idea dell’espiazione attraverso la violenza (anche auto-inferta), il simbolismo che caratterizzavano l’opera originale, sfumano e (a volte) si perdono in una sorta di action movie noir, senza la tensione dell’antesignano, sorretto da un protagonista molto “fisico” che diventa giustiziere, senza disdegnare la mattanza con tanto di lungo piano sequenza in bullet time in cui Joe fa fuori una ventina di uomini a colpi di martello. Remake non proprio necessario. Durata: 104’. Voto: ** (m.c.)

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova